«Ho vissuto questo film con dolore e rabbia»

In «Quale amore» di Sciarra l’attrice si spoglia per la prima volta

Cinzia Romani

da Locarno

«Gli uomini arrivano in massa, attirati dal suo miele», si tormenta lui, avanzando sotto al peso di un palco di corna, supposte o reali Dio solo lo sa. E pensare che lei, mezzo svestita, in un alterco coniugale, poco prima era sbottata: «Cosa ti piace di me? Solo portarmi a letto?». Intanto, nella trasferta ticinese, ha un bel dire Maurizio Sciarra, regista classe ’55 del drammatico Quale amore (in sala dal 10 novembre), film in concorso a Locarno: «Non trovo che il fondamento del mio film stia nelle tette di Vanessa Incontrada». È così: l’icona giovanil-televisiva di Zelig, la casta cieca di Avati, nel mélo passionale ambientato sul lago di Lugano, stavolta si offre in un nudo fronte-retro, sfoggiando per la prima volta le sue grazie nature: non ci sono santi. «E che, siamo diventati un Paese di bacchettoni?», insorge Sciarra, che nel 2001 a Locarno vinse il Pardo d’Oro (con Alla rivoluzione sulla due cavalli) e adesso, com’è ovvio, ci riprova. «Si nota una frattura fra il cinema italiano degli anni Settanta, col nudo sotto la doccia» come argomenta il cineasta. Il fatto è che qui, in questo ennesimo prodotto italiano intenzionato a sparare alla Luna, però con la cerbottana, c’è un adattamento di Sonata a Kreutzer di Lev Tolstoi, per tacere dell’omonimo brano musicale firmato Ludwig van Beethoven e si scomodano pure due vecchi attori, già popolari chi per bravura (l’attore di teatro Arnoldo Foà), chi per uso improprio del burro (Maria Schneider, molti anni dopo Ultimo tango a parigi, di Bernardo Bertolucci), ma senz’altro dalle parti del disarmo. Tanto, punto di forza di questa ambiziosa produzione Rai Cinema e Lumière, in associazione con la Televisione svizzera (3,7 milioni di euro, costo finora accertato) è il ruolo della Incontrada. La quale, all’inizio dei cento minuti più importanti della sua carriera, viene connotata come orchestrale di provincia: fa la pianista e, indossando un abito con paillettes in tinta-lago (tra il bluette e il grigio acciaio), dal palco dondola il busto, assecondando la Kreutzersonate, che sarà galeotta tra lei e il futuro marito Andrea (Giorgio Pasotti). Passeggiando col rampollo svizzero, ormai rapito da tanta bellezza, Antonia esordisce: «Che posto da pensionati!», alludendo a Lugano. A buon intenditor, poche parole, così il giovane Wintrebert la spoglia e la fa sua. La Vanessa diventa una sciura svizzera, con tanto di collana di famiglia, sempre in tinta-lago (dal grigio-perla alla marcassite chiara). E qui cominciano i dolori, perché Antonia rinuncia al suo quintetto, sfornando un figlio dietro l’altro, mentre il marito o la possiede con rabbia, o si lamenta perché lascia in giro le sue mutande o infine controlla la borsa di Tokio, alzandosi alle quattro del mattino. Come finirà? Lui ammazza lei, per troppo amore. «Mi perdoni?», chiede Andrea alla poveretta agonizzante. «No, ti odio», sussurra la vittima e spira.
Vanessa Incontrada senza veli, insomma, va e viene non tanto rapidamente davanti alla cinepresa e non molto imbarazzata: è giovane e carina, dunque si esibisce in una specie di sfilata di biancheria intima prima e in un defilé di alta moda, poi, dove, sotto gli occhi dei presenti sbavanti si cambia d’abito, rinunciando per sempre al reggiseno. Saggiamente, l’attrice, che comunque ha un bel decolleté, ha preferito sottrarsi all’incontro con la stampa, scegliendo di lasciare Roma, dove sta girando Le donne della mia vita diretto da Rossella Izzo, solo per presentarsi la sera in piazza Grande. Mentre raggiunge il suo pubblico, al telefono dichiara: «Ho vissuto questo film in modo molto forte. Dentro ci sono parecchie emozioni: passione, violenza, tenerezza, rapporto con i figli e con il marito. Il tutto, a 360 gradi. Mi auguro che la gente riesca a percepire tutto il dolore e la rabbia che ho sentito mentre recitavo».

Giorgio Pasotti, biondissimo dopo aver girato con Mario Monicelli Le rose nel deserto, umilmente rivela: «In realtà volevo diventare medico ed è un caso se sono diventato attore. Ho un trascorso da sportivo e qui mi appoggio alla mia fisicità», afferma l’emergente, che presto vedremo ne L’aria è salata dell’esordiente Alessandro Angelini.

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