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«Ho visto il volto dei miei rapitori»

La giovane ha riconosciuto il capo della banda: «Erano cinque o sei, c’era anche una donna»

da Roma

Glielo avevano promesso talmente tante volte che sarebbe stata liberata, che quando è successo davvero ha faticato a crederci. Non le sembrava vero. Anche perché, dopo i primi giorni di prigionia, i sequestratori che tenevano in ostaggio Clementina Cantoni - erano cinque o sei - hanno smesso di bendarle gli occhi, consentendole di guardarli in faccia, uno per uno.
Non c’era nessun segno particolare, nessun tratto distintivo su quei volti sempre scoperti che la giovane cooperante italiana evitava di guardare troppo a lungo per paura che questo potesse costarle la vita. L’unica certezza è che uno di loro era Timor Shah, riconosciuto in una fotografia mostrata dagli inquirenti. E che nel commando c’era anche una donna.
È durato circa un’ora il faccia a faccia di Clementina con Franco Ionta, capo del pool antiterrorismo della procura di Roma, al quarto piano del palazzo B del Palazzo di giustizia, dove l’ex ostaggio è arrivato poco dopo le 18 assieme alla sua famiglia, sotto lo sguardo vigile degli agenti della Digos, dei carabinieri del Ros e degli 007 del Servizio segreto militare.
Nel suo breve interrogatorio, Clementina ha ripercorso ciò che è rimasto impresso nella sua mente dei drammatici ventiquattro giorni del sequestro, ciò che difficilmente riuscirà mai a cancellare. Appena rapita, il 16 maggio scorso, sarebbe stata trasportata in una casa non lontano dal luogo in cui era stata sequestrata, probabilmente all’interno del perimetro di Kabul. Dopo qualche giorno, il trasferimento in una «villetta» considerata più sicura, ma presumibilmente sempre interna alla cinta urbana della capitale afghana.
Nei 24 giorni della sua prigionia, Clementina non avrebbe mai subito minacce esplicite, anche se ogni notte i rapitori le legavano i piedi. Difficile, comunque, raggiungere anche solo una parvenza di serenità, anche perché nulla le era stato comunicato circa l’attività delle istituzioni italiane nonché dell’intensa mobilitazione che il popolo afghano aveva attivato per tentare di incidere positivamente nella trattativa in corso con i sequestratori.
Il momento più difficile? Quello del rapimento. Clementina ha avuto una gran paura quando un gruppo di uomini che non aveva mai visto le hanno sfondato i finestrini dell’auto a bordo della quale si trovava e l’hanno trascinata fuori. Il sentimento opposto di quello provato giovedì scorso, quando - dopo averle promesso più volte che prima o poi l’avrebbero rimessa in libertà - i rapitori l’hanno portata fuori dalla casa-prigione, l’hanno caricata a bordo di un’automobile e l’hanno lasciata alla periferia della città, dove è stata prelevata e poi consegnata agli uomini che l’hanno portata definitivamente in salvo. «Mi hanno detto più volte “Ti liberiamo”, ma la liberazione veniva rinviata - ha detto la Cantoni al pm Ionta -. Poi ieri mi hanno detto: “Oggi sarai libera”», e così è stato. Ma lei non ci aveva creduto. Ormai non ci sperava più.
Nel corso del rilascio, Clementina non si sarebbe accorta della presenza di intermediari, ma ai magistrati ha raccontato della presenza di un’automobile della polizia afghana poco lontano dal luogo in cui i sequestratori l’avevano lasciata. Nulla ha saputo delle ragioni del suo sequestro, nulla delle frenetiche trattative in corso, nulla della richiesta di Timor Shah che sua madre venisse scarcerata. Non sarebbero poi corrispondenti a realtà i presunti problemi di salute cui il capo della banda si era appellato, probabilmente per giocare al rialzo con la controparte.
Quanto ai contatti con i rapitori, la Cantoni avrebbe riferito agli inquirenti di aver parlato anche con lo stesso Timor Shah. Ma il suo interlocutore era un uomo che le portava il cibo, con il quale in più occasioni avrebbe scambiato qualche parola in inglese o in persiano. In procura vige comunque il più stretto riserbo circa la possibilità che la Cantoni possa identificare i suoi sequestratori.

Ma, probabilmente, è proprio dai loro volti che si partirà.

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