Hong Kong scende in piazza e invoca democrazia. Vera, totale, non quella a sovranità limitatissima che il governo di Pechino intende imporre fino al 2020. Ben 30mila persone hanno sfilato il primo gennaio nelle strade dellex colonia britannica secondo gli organizzatori della protesta, molte meno per la polizia, che ha parlato di 9mila persone. Qualunque sia la cifra esatta, il significato della protesta è molto chiaro e non può certo far piacere alla Cina, che pur riconoscendo la diversità di Hong Kong, ha lultima parola in campo politico.
In base allattuale sistema il governatore viene scelto a Pechino e confermato nellex colonia da unassemblea legislativa, che però solo per metà viene eletta a suffragio popolare diretto. Il Parlamento risulta così controllato da notabili allineatissimi sulle posizioni di Pechino.
Per 12 anni, la popolazione di Hong Kong ha accettato di vivere in una democrazia limitata, ma da qualche tempo sono sempre più numerose le voci in favore di un sistema liberale che permetta agli elettori di scegliere chi debba governarli.
Nel luglio del 2003 ben 500mila persone protestarono contro un decreto della Sicurezza, che, in nome della lotta al terrorismo, limitava sensibilmente le libertà civili. In quelloccasione la piazza ebbe la meglio: il governo di Hong Kong ritirò il progetto di legge, sostituendolo con uno più moderato.
In teoria Pechino non ha mai rinnegato la promessa di concedere alla città-Stato un vero regime democratico, previsto dalla Costituzione, ma il governo cinese teme che lesempio di Hong Kong possa ispirare rivendicazioni analoghe in patria. Il Partito comunista cinese, che in realtà ideologicamente non è più comunista, continua ad essere convinto che solo ricorrendo alla dittatura sia possibile governare un Paese grande, variegato e complesso come la Cina. Da qui la tendenza a mantenere Hong Kong sotto stretta tutela.
Lultimo progetto di riforma prevede che il primo ministro non possa essere eletto dal popolo prima del 2017, mentre bisognerebbe attendere fino al 2020 per eleggere un Parlamento dotato di pieni poteri. Tempi che diversi partiti di Hong Kong ritengono troppo lunghi e ormai ingiustificati, considerato il livello di maturità civica, politica degli abitanti dellex colonia.
Già nel 2008 il gruppo Power for Democracy aveva organizzato una manifestazione analoga; il successo della protesta del primo gennaio rafforza il movimento, che questa volta non si è limitato a invocare genericamente la democrazia.
I manifestanti hanno chiesto anche limmediata liberazione del dissidente cinese Liu Xiaobo, 57 anni, uno dei più importanti attivisti per i diritti umani in Cina recentemente condannato a 11 anni di carcere. Liu è «colpevole» di aver diffuso su internet documenti e appelli contro il regime cinese, in particolare di aver diffuso la Carta 08, un documento firmato da 300 personalità in cui si chiede al governo cinese di rispettare i diritti umani, attuare riforme politiche e garantire lindipendenza del potere giudiziario.
Alcuni giovani hanno marciato fino al «Beijing Liason Office», la rappresentanza del governo cinese, dove ci sono stati tafferugli nei quali sono rimasti feriti due agenti di polizia e un dimostrante.
Una protesta che rende ancor più delicata la posizione del governatore Donald Tsang, il quale proprio il 31 dicembre era stato duramente rimproverato dal premier cinese Wen Jiabao per non essere in grado di tenere sotto controllo la protesta politica.
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