Antonella Aldrighetti
Per risolvere la vertenza dellhospice San Francesco Caracciolo si scomoda anche il prefetto Achille Serra. Per venerdì prossimo infatti sono stati convocati negli uffici di via IV Novembre sia lassessore alla Sanità regionale Augusto Battaglia sia Luca De Marchis, amministratore unico della clinica per malati oncologici in fase terminale, allo scopo di risolvere quella che ormai da mesi è una controversia «sui generis». Già perché il motivo che di giorno in giorno alimenta la protesta degli operatori sanitari contro la giunta Marrazzo è il mancato pagamento, da parte della Regione Lazio, delle spettanze finanziarie che da agosto 2005 non vengono versate nelle casse della clinica di viale Tirreno. Ed è proprio in viale Tirreno che da una settimana larea antistante la sede è stata trasformata dai camici bianchi in isola pedonale dove, tra manifesti di denuncia allestiti in mezzo alla strada come se fossero cartelloni pubblicitari, quelli sui marciapiedi e i piccoli cortei estemporanei che si animano, il traffico è impossibilitato a transitare.
Starà, la prossima settimana, a un giudice super partes come il prefetto Serra, riuscire a trovare quei termini di trattativa per indurre la giunta ulivista a ottemperare i pagamenti dei crediti pregressi e invitare il personale della Caracciolo a liberare la strada dalla protesta e dalle transenne. Venerdì dovrà essere di fatto trovata una soluzione per la tutela degli assistiti dellhospice Caracciolo da un lato e, dallaltro, dei sanitari e del loro posto di lavoro, per scongiurare ripercussioni di pubblica sicurezza. «Se lassessore Battaglia accetterà di buon grado di pagare alla Caracciolo i crediti che questa vanta da 9 mesi a questa parte la vertenza verrà chiusa senza colpo ferire», fanno sapere i circa 60 operatori sanitari che si definiscono in «perenne stato di agitazione».
Unagitazione dovuta innanzitutto al rischio di perdere il posto di lavoro al momento che la clinica fallisca. «Non è unipotesi peregrina perché - asserisce De Marchis - ormai siamo a secco di liquidità: gli istituti di credito possono riconoscere il fido ma entro certi limiti».
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