I 150 sindacalisti che hanno militato nelle Br. Ecco la lista dei cattivi

Dagli anni di piombo alle ultime retate le informative dei reparti anti-eversione mostrano una realtà troppe volte negata: sono 150 gli iscritti alle organizzazioni dei lavoratori coinvolti in inchieste sulla lotta armata

I 150 sindacalisti che hanno militato 
nelle Br. Ecco la lista dei cattivi

Gian Marco Chiocci e Luca Rocca

Saranno anche sparute «pecore nere» - come ribadiscono ogni volta i vertici della Triplice e delle organizzazioni autonome o di base - ma il gregge sindacale in cui negli anni hanno pascolato terroristi, fiancheggiatori, semplici simpatizzanti del partito armato, fa impressione tanto è vasto. Negli archivi dell’Antiterrorismo la lista dei rappresentanti dei lavoratori «attenzionati» per aver imbracciato il fucile, applaudito alle tesi di certi volantini e risoluzioni strategiche, o più semplicemente per esser stati sorpresi insieme a soggetti sospettati di contiguità con l’eversione rossa, sfiorano la cifra di centocinquanta.
Per dare un’idea del fenomeno occorre partire non dall’ultima retata «sindacale» dell’Ucigos bensì dalle inchieste sugli omicidi Biagi e D’Antona, a commento dei quali illustri rappresentanti del centrosinistra oltreché di Cgil-Cisl e Uil - a margine delle polemiche per le accuse formulate da Sergio Cofferati al giuslavorista ucciso - arrivarono ad ammettere la possibile esistenza di «talpe» e «mandanti» interni al sindacato. Il nome più celebre è quello di Marco Mezzasalma, prigioniero politico dal 24 ottobre 2003 (giorno del suo arresto) leader indiscusso delle nuove Br-Pcc, intestatario del covo romano utilizzato dai capi storici dell’organizzazione con la stella a cinque punte, Nadia Desdemona Lioce e Mario Galesi: l’anonimo signor Mezzasalma aveva in tasca la tessera della Fiom, la federazione dei metalmeccanmici della Cgil. Era un attivissimo delegato di fabbrica alla Lital di Pomezia dove aveva lavoravato e combattuto battaglie sindacali importanti un vecchio killer delle Br, Antonio De Luca. Altro terrorista dalla parte dei lavoratori che spunta nelle inchieste Biagi e D’Antona è Paolo Broccatelli, esponente della Filcams, sindacato dei commercianti pro-Cgil. A margine delle indagini sul delitto del consulente di Antonio Bassolino, seguendo le tracce della colonna toscana, la Digos focalizzò l’attenzione su un ex Cobas passato in Cgil dal 1999 che risultava addirittura in lista per le elezioni alla Rsu: Bruno Di Giovanangelo. Per lungo tempo il candidato è stato considerato il «postino» dell’organizzazione eversiva. Quando lo hanno arrestato, la segreteria Cgil della Toscana lo ha espulso perché «si è messo in lista per le Rsu già sapendo di essere tra i sospettati». Tralasciando le polemiche legate alla «condivisione di alcune parti del documento di rivendicazione delle Br» da parte di Fausto Bertinotti (23 maggio 1999) o di certe allucinanti dichiarazioni di rappresentanti Cobas come Piero Bernocchi o Mara Malavenda («D’Antona non è un eroe - disse la parlamentare ex sindacalista di Pomigliano D’Arco - ci sono operai morti anche per causa sua») sono i fatti e i nomi monitorati dall’Antiterrorismo a fare impressione. Nella indagine Ros sull’omicidio D’Antona e sugli ambienti dell’eversione romana vennero arrestati tre sindacalisti, poi usciti dall’inchiesta, orbitanti nell’organizzazione «Iniziativa comunista». Sulla scia degli omicidi dei due giuslavoristi fece scalpore il delegato Fiom di Vercelli (13 aprile 2004) sorpreso a distribuire volantini e a fare propaganda per i Carc, comitati ripetutamente sott’inchiesta in procedimenti sul terrorismo interno ed internazionale.
In questa zona grigia del sindacato rosso finiscono anche le informative sullo strano suicidio del segretario Fiom-Cisl di Pisa, Cristiano Colombini, minacciato di morte dalle Br per aver firmato un particolare contratto alla Piaggio, nonché le dure intimidazioni della Fiom di Treviso al dirigente dell’Electrolux Zanussi che Biagi aveva voluto con sé alla commissione sullo statuto dei lavoratori. Altro capitolo sott’osservazione dell’Antiterrorismo, quello sui violenti screzi tra sigle sindacali nel luglio del 2002, nonché le tantissime lettere anonime spedite da iscritti ai sindacati (si va dalla bravata di E.V. firmata Br-Pcc nel marzo 2002 alle minacce di morte recapitate da M.A. nel febbraio 2001 a Milano). Scorrendo all’indietro nel tempo ci si imbatte in nomi notissimi degli anni di piombo: Rocco Micaletto, ad esempio. Killer della colonna genovese, già membro della direzione strategica delle Br nel sequestro Moro, viene ricordato come un battagliero rappresentante della Cisl alla Fiat Rivalta di Torino. Roberta Cappelli, pluriergastolana della colonna romana per omicidi di poliziotti e carabinieri, latitante come tanti assassini in Francia, è stata delegata sindacale. Idem Sergio Tornaghi, brigatista della Walter Alasia, ergastolano per più reati: secondo i rapporti di polizia vanta brillanti trascorsi sindacali alla Marelli di Milano mentre il collega nella medesima «colonna», Vittorio Alfieri, guidò la Flm-Cisl all’Alfa Romeo di Arese. Alla Uil-poste faceva invece riferimento Remo Pancelli, leader dell’ala militarista nella «Brigata 28 marzo». Discorso a parte meriterebbe la «brigata ferrovieri» smantellata nel marzo 1982 con l’arresto di quattro sindacalisti (poi scarcerati) della Triplice. Ci sono quindi i capitoli storici. Il primo è dedicato a Luigi Scricciolo e Paola Elia, coniugi sindacalisti Uil, al centro di clamorose vicende processuali, anche internazionali, concluse con un’assoluzione per entrambi. Il secondo parla delle indagini e delle conclusioni processuali per l’omicidio del sindacalista Cgil dell’Italsider, Guido Rossa, assassinato dalle Br in seguito alla delazione del sindacalista Franco Berardi accusato da Rossa di contiguità con le bierre (Berardi successivamente si impiccherà in carcere).

Nel commando che uccise Guido Rossa c’era Vincenzo Gagliardo, operaio iscritto al sindacato, ma a sparare fu Riccardo Dura che venne a sua volta ucciso dai carabinieri nel covo di Fracchia a Genova insieme a Lorenzo Betassa, già sindacalista Fim-Cisl alla «Fiat carrozzerie» di Torino e Piero Panciarelli, ex simpatizzante Uil alla Lancia di Chivasso.
gianmarco.chiocci@ilgiornale.it

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