La tecnica del ministro Filippo Patroni Griffi per conquistare la casa a prezzi stracciati è tipica del «partito romano » cui appartiene. Il partito romano è quello dei «gabinettisti », ossia i grand commis che sono nei ministeri come capigabinetto, capi uffici legislativi (Filippo lo è stato per lustri), ecc. Escono dagli stessi sinedri, Avvocatura e Consiglio di Stato, magistrature contabili e ordinarie, e sono distaccati al governo, a Palazzo Chigi, al Quirinale. Una compagnia di giro più che mai in auge oggi che Monti ne ha tratto alcuni dei suoi ministri e sottosegretari.
In tutto, alcune centinaia di personaggi con un background in comune: i concorsi vinti insieme, l’eccellenza tecnica,la condivisione di privilegi, la volontà reciproca di conservarli, dandosi mutuo soccorso. Tengono un piede nell’amministrazione, uno nella politica, le mani in pasta e le dita sui bottoni della nota stanza. In sella da decenni, si scambiano poltrone e prebende, sono la quintessenza dello Stato e il panorama permanente del Palazzo. L’opposto dei politici, altalenanti nelle fortune, precari nel potere, in balia dei capricci elettorali. In una parola, il partito romano è l’unico vero clan della Repubblica.
Un politico per accaparrarsi vantaggi proibiti deve nascondersi, trescare, violare la legge. Il partito romano, al contrario, ottiene ciò che vuole alla luce del sole. Egli «è» la Legge, incarna lo Stato, distribuisce ragione e torti,ha l’ultima parola. Se gli adepti puntano a qualcosa di precluso ai comuni mortali, rifuggono dalle scorciatoie illegali dei politici, ma imboccano ostentatamente la via maestra della più assoluta legalità: il ricorso al giudice, l’istanza all’autorità, le procedure trasparenti e formali. È infatti lungo questo itinerario che troveranno i loro pari grado, colleghi e amici in toga e in tocco, che sapranno piegare sapientemente le regole consentendogli di raggiungere l’obiettivo con i crismi, bolli e ceralacche delle persone virtuose. Il partito romano ha questo supremo privilegio e invidiabile paravento: poter usare la legalità per ottenere vantaggi immorali.
Inforcando questi occhiali, riesaminiamo la storia esemplare della casa al Monte Oppio pagata un ottavo del suo valore. I protagonisti sono due: Patroni Griffi, consigliere di Stato; il suo legale, Carlo Malinconico, ex avvocato dello Stato ed ex consigliere di Stato.
L’Inps, proprietaria dello stabile, decide di venderlo come immobile di pregio, cioè a prezzo pieno. Gli inquilini, facendosi scudo del più ammanicato tra loro, Patroni Griffi,ricorrono per ottenere il declassamento dell’abitazione e pagarla una miseria. Il Tar dà ragione ai ricorrenti in base a una provvidenziale perizia del ministero delle Infrastrutture che, classificando come sismica l’area dove sorge la casa, la deprezza al punto desiderato da Patroni Griffi e del patrocinatore, Malinconico. Una barzelletta: la strapresunta sismicità di un palazzo, anziché portare alla dichiarazione della sua inagibilità e uscita dal mercato, ne facilita l’acquisto a prezzi di saldo da parte di un gruppo di navigati borghesi benestanti. È teatro alla Ionesco.
L’Inps dunque,sentendosi buggerata, ricorre al Consiglio di Stato. Lo fa da sola, perché l’Avvocatura di Stato che dovrebbe darle una mano nella tutela dei suoi interessi non si muove. Noteremo per inciso che il legale degli inquilini, Malinconico, è un ex avvocato dello Stato e ci permettiamo perciò di immaginare che gli ex colleghi si siano detti: «Ma perché dobbiamo rompere le scatole al nostro Carletto? » e si siano appisolati con le mani in grembo. Giunta la pratica in Consiglio di Stato, tra polpe ed ermellini, tanto Patroni Griffi che Malinconico sono finalmente casa. Lì siedono gli amici di una vita, i colleghi dalle radici comuni con i quali siedono a banchetto da lustri. Risultato: il giudizio del Tar è confermato e diventa definitivo lo sconto dei sette ottavi per la casa stregata che, unica in tutta Roma, è soggetta a eventi tellurici. A firmare la sentenza del trionfo finale, Roberto Chieppa, rampante consigliere, allora (2005) neanche quarantenne. Unmese fa, il governo ha nominato Chieppa segretario generale dell’Antitrust, che è così entrato al galoppo nel giro del partito romano.
C’è una coda. Allarmata dalla svendita cui l’Inps era stata costretta, il sottosegretario all’Economia del Pdl, Maria Teresa Armosino, bloccò la liquidazione dell’immobile con legge 248/2005. Alcuni mesi dopo, la Consulta, tradizionalmente lumaca, dichiarò illegittimo il blocco consegnando definitivamente la bicocca terremotata al combattivo Patroni Griffi. Per inciso, il padre di Roberto Chieppa, l’estensore della sentenza,è presidente emerito della Consulta che guidò dal 2002 al 2004. Nessun sottinteso. Solo per dire che il partito romano, affratella le generazioni, unendo contemporanei, avi e posteri nel meraviglioso gioco di farsi i fatti loro alla faccia nostra.
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