Linferno dei dilettanti, la terza e seconda categoria come un girone dantesco dal quale è difficile salvarsi. Eppure cè qualcuno che ce la fa e non si lascia impressionare dagli incidenti che settimanalmente, a più riprese, si verificano sui campi minori, dove pestaggi, invasioni, inseguimenti, arbitri braccati e chi più ne ha più ne metta, la fanno da padroni. Eppure Alessandro Zambelan, 19 anni il prossimo 19 maggio, da appena nove mesi giacchetta nera dellAia ce lha fatta.
Lui, giovane imberbe, tiene alto il blasone della sezione Aia di Sesto San Giovanni anche se, quando arriva sui campi, le risate e gli sfottò nei suoi confronti si sprecano: i vecchi giocatori di seconda e terza categoria si trovano davanti un ragazzino alle prime armi e lì comincia il bello. «Quando mi presento prima della partita provo sempre una certa soggezione, proprio perché mi confronto con gente che potrebbe essere mio padre», afferma Zambelan. «Ma quando vado in campo la paura passa e in partita mi sento un uomo come loro. Certo, devo sempre elevare le mie capacità e mai scendere al loro livello di maleducazione. Perché in campo ne sento di tutti i colori e devo spesso tapparmi le orecchie per evitare troppi cartellini rossi».
E anche, magari, salvarsi la vita perché, vedi Cosenza, non si sa mai quali possono essere le reazioni di certi giocatori che non vedono lora di prendersela con un arbitro e rivalersi su di lui per chissà quali angherie subite nel passato. «Comunque tutte le domeniche mi capita di essere sbeffeggiato», continua Zambelan. «In quelle categorie si aspettano un arbitro vecchio, uno che non ha più niente da chiedere al fischietto e quando mi vedono arrivare con la borsa dellAia, mi guardano davvero male, forse per spaventarmi e condizionarmi. Ricordo che qualche tempo fa, passando prima della partita vicino agli spogliatoi di un club dei dintorni di Milano, sentii lallenatore che diceva alla squadra: quello è un bamboccio del cavolo, ce lo gestiamo come vogliamo».
Davvero un bellambientino quello dei campi dilettantistici, dove per larbitro vale il motto «il rischio è il mio mestiere».
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