L’ingresso della Romania nell’Ue ha spalancato le frontiere dell’Europa ai cittadini del Paese danubiano, divenuti «comunitari» dal primo gennaio scorso. E il flusso migratorio verso l’Italia è diventato un esodo. Per i tanti che cercano un lavoro ben remunerato. Ma anche per una criminalità sempre meglio organizzata, come raccontano le analisi dei carabinieri. Il Ros ha monitorato in maniera capillare l’evoluzione delle organizzazioni delinquenziali romene, divenute via via più ambiziose, specializzate e organizzate. E, ovviamente, pericolose. Una prova «statistica» di questo trend è l’aumento di importanza della comunità romena nella popolazione carceraria, divenuta la terza etnia in carcere, dietro a marocchini e albanesi. Con alcuni poco invidiabili record, in gran parte con la violenza come comun denominatore: primi negli omicidi (targati Bucarest nel 5,3 per cento dei casi totali, e nel 15,4 per cento di quelli commessi da stranieri), primi nelle violenze sessuali, primi nelle rapine, in casa o nei negozi. E spesso questi «campi d’azione» finiscono per sommarsi, come capita quando le rapine in villa degenerano e sfociano in un assassinio. Esempi ce ne sono fin troppi: Piera Cason, uccisa in gioielleria a Terracina a maggio 2006. Giovanni Buscaglione, ammazzato nella sua casa di Bibiana, in provincia di Torino. La spietatezza è di serie, e non è raro che i clan dediti alle rapine, in cerca di soldi facili, sperimentino anche sequestri di persona. È andata così, ricordano i carabinieri, per Martina Guarnera, 22enne rapita il 14 marzo scorso vicino Treviso mentre usciva dalla palestra. Nel Lazio, in Piemonte e in Puglia, soprattutto i romeni di etnia rom, si dedicano anche al furto di rame, saccheggiando linee ferroviarie e aziende d’energia. E persino quelli che arrivano con l’intenzione di lavorare lecitamente finiscono spesso per delinquere. Dalle analisi dell’Arma emerge che l’eccesso di offerta di manodopera in nero nel settore edilizio ha creato una comunità priva di mezzi di sussistenza, e pronta a dedicarsi «anche con violenza ai reati contro il patrimonio».
Ma superata la fase dei «reati comuni» la criminalità romena perfeziona nuove specializzazioni, organizzandosi in maniera più strutturata anche se non ancora assimilabile alle «mafie» italiane. Sono ormai ben radicati in business illegali e fruttuosi come prostituzione (dove, in Piemonte e Lombardia, hanno ormai soppiantato gli albanesi) e traffico di esseri umani, non disdegnano anche lo smercio di droga essendo la Romania un crocevia nelle strade del narcotraffico. Ma i clan venuti dall’Est hanno dimostrato una grande vocazione nelle attività banditesche «hi-tech». Sono principi del malaffare nella clonazione di carte di credito, settore che ha visto il giro d’affari quasi decuplicato in due anni, e nel quale la divisione dei compiti è militare. Spiega il Ros: alcuni rubano i codici, grazie a microcamere installate nei pressi dei bancomat o con microchip nascosti all’interno dei pos dei negozi, altri clonano le carte, altri ancora provvedono a utilizzarle, passando all’incasso.
Interessante, per i carabinieri, è anche il tentativo di riesumare l’ormai tramontato contrabbando di sigarette, iniziato per «rifornire» a basso costo la stessa comunità romena, ma presto allargato ai primi tentativi di riportare le «bionde» sul mercato nero, affidandosi anche al clan camorristico dei «Pianese».gianmarco.chiocci@ilgiornale.it
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