Tutto il mondo è paese. I professori inglesi, come quelli italiani. Non tutti, ovviamente, ma quel gruppo, un gruppo di irresponsabili.
A Londra, in questi ultimi giorni, si sono intensificate le proteste degli studenti contro la manovra finanziaria di David Cameron (premier) e di George Osborne (economia). Manovra, lo diciamo subito, sacrosanta e, anzi, che guardiamo come un modello di serietà nella gestione della finanza pubblica.
Ma torniamo agli studenti e ai professori. Oggi i professori universitari (come dicevamo sopra non tutti, ma comunque una folta rappresentanza) hanno sostenuto che è giustificato il protrarsi delle manifestazioni studentesche, che è altresì giustificato il loro intensificarsi, fino a giustificare le manifestazioni violente. Questo perché, secondo loro, sono in ballo valori fondamentali della società, lo studio e la ricerca, e dunque tutto è giustificato o giustificabile. E poiché chi dice questo è la casta dei professori, certamente in ciò risiede la verità. Gli studenti sono naturali interpreti di ciò che è giusto fare, anche perché ciò coincide con ciò che ritengono i professori stessi.
Quanto a irresponsabilità, siamo veramente a un livello apprezzabile. E ciò è diseducativo per due ragioni almeno.
La prima. Chi sostiene, ritenendo di avere in mano la verità di poterla imporre con la violenza, pensa ciò che è al cuore del fondamentalismo islamico e, comunque, di ogni fondamentalismo. E semplicemente per il motivo che quando unopinione, una religione, un pensiero, unideologia vengono ritenuti, per qualsiasi motivo, superiori alla legge civile, questo porta verso un crinale di violenza e di non rispetto dei diritti fondamentali. E tanto è più grave, e dunque diseducativo, se ciò arriva da una delle istituzioni educative in assoluto più importanti, luniversità. Luniversità si chiama così perché deriva dal nome latino «universitas», che vuol dire universale, e ciò non solo per le materie insegnate, ma perché rappresenta un luogo della ragione contro la violenza. Quei professori non sono contro Cameron, dunque, ma contro la tradizione universitaria occidentale.
La seconda. Sostenere che cè un valore da difendere, e che dunque la finanza pubblica debba piegarsi a quel valore, significa insegnare lirresponsabilità finanziaria pubblica. Di questa ne abbiamo avuta, in Europa, anche troppa. E ricordiamo che se in Inghilterra non ci fosse stata la signora Thatcher a sistemare i conti pubblici, Tony Blair non avrebbe potuto fare le riforme che ha fatto (lo ammise lui stesso). Certo, assumersi il compito di tagliare la finanza pubblica è fare una cosa difficile, che non liscia il pelo del consenso, ma questo, sì, è un atto di responsabilità. Lirresponsabilità non è nellessere contro una manovra finanziaria piuttosto che unaltra. Lirresponsabilità consiste nellinculcare lidea che la finanza pubblica sia una variabile indipendente e che i cosiddetti «valori» possano dominare la scena, piegando qualsiasi ragionamento che riguarda i soldi dello Stato, cioè dei cittadini.
Dunque irresponsabilità per lincitamento alla violenza (o anche solo la sua giustificazione) e irresponsabilità per continuare ad animare utopie negative in quanto non basate neanche minimamente sullapprezzamento della realtà. Queste utopie non possono che sfociare nella violenza perché, rappresentando limpossibile, possono farsi strada nella realtà solo distruggendo ciò che è possibile.
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