Granata contro granata. Nella stagione dei paradossi, il Toro gioca oggi a Padova contro il Cittadella: stessi colori sociali, realtà completamente diverse. La storia del calcio da un lato, una società a gestione familiare dallaltra. Tranquilli e più o meno beati i veneti nonostante il quartultimo posto in serie B, in piena isteria gli eredi (molto teorici) di Pulici e Graziani: reduci da un polverone senza eguali per una vicenda di presunte scommesse e addirittura aggrediti alluscita da un ristorante mercoledì sera. Pareva anche che i giocatori di Beretta avrebbero chiesto alla società di non scendere in campo: come non detto, invece. Ieri la squadra ha raggiunto Padova e oggi giocherà regolarmente, pur con la testa piena di cattivi pensieri. A Torino sono però rimasti a casa - oltre agli infortunati Pratali e Vantaggiato e allo squalificato Zoboli - Di Michele, Diana, Pisano, Colombo. Ufficialmente, i giocatori più scossi dopo i fatti di mercoledì: alcuni tra questi, in realtà, tra i più chiacchierati per la vicenda scommesse legata al match perso in casa contro il Crotone lo scorso 28 novembre. A tal proposito, come ha confermato il presidente federale Giancarlo Abete che ieri si è incontrato con il Procuratore Federale Stefano Palazzi, non è stata aperta alcuna inchiesta, anche per non inficiare il regolare svolgimento della partita odierna. Non è però escluso che lunedì degli investigatori della Procura si recheranno a Torino per ascoltare i calciatori coinvolti nel caso. In compenso, sono una quindicina le persone su cui si stanno concentrando gli accertamenti della Digos per laggressione al ristorante: la procura, una volta ricevuto il rapporto degli investigatori, procederà probabilmente d'ufficio per violenza privata.
Il Toro squadra cercherà intanto di ripartire, dando però limpressione di essere allo sbando. «Abbiamo provato a far capire la gravità dellaggressione - ha detto il nuovo ds Gianluca Petrachi - ma non possiamo abbattere da soli il sistema: i vertici hanno pensato che fosse giusto far giocare regolarmente la partita e noi ci adeguiamo». «Pensiamo al pallone - ha sospirato Beretta, sulla panchina granata da quattro partite con un bilancio di una vittoria, due sconfitte e un pareggio -. Ci siamo allenati bene, ma le scorie restano: certe cose non possono scivolare addosso». Lui, il sciur Mario che Mourinho apostrofò «Barnetta», è già a rischio licenziamento e non è escluso che Cairo si rivolga nuovamente a Colantuono - cacciato dopo il ko contro il Crotone - in caso di sconfitta contro i «granata poveri». «Io sono qui da un mese e sono molto sereno - il parere dell'attuale tecnico -. Se mi mettono in discussione, non mi interessa. In un mese si può combinare poco o nulla, soprattutto in una situazione in cui ho potuto fare poco lallenatore e tanto del resto». Frecciatina ai vertici. «I ragazzi non hanno mai parlato di non scendere in campo - ha proseguito Beretta -. Si sono fatti sentire in modo forte e non vogliono che la cosa venga dimenticata in modo semplicistico. Il calcio è un qualcosa di futile, da cui non possono nascere violenze. Sapevo che questa non sarebbe stata una piazza semplice, ma onestamente non pensavo avrei dovuto affrontare situazioni di questo tipo. Pur conoscendo bene alcuni colleghi che hanno lavorato qui, ho preferito non interpellarli perché volevo farmi unidea mia». Come minimo, la perplessità abbonda. «Servono impegno ed equilibrio, Cairo è una persona intelligente e razionale ma in questo clima non si può lavorare. Spogliatoio spaccato? Secondo me, no: se Petrachi ha capito il contrario in dieci giorni di lavoro, buon per lui.
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