I cinesi ora scoprono il mattone: uno su tre ha la casa di proprietà

L’80 per cento degli inquilini di Chinatown sono orientali

Gianluigi Nuzzi

Piccole palazzine anni Cinquanta in via Padova, poi si torna sempre e soprattutto lì, nel triangolo di via Sarpi, tra Canova, piazza Gramsci e via Bramante dove nottetempo spariscono insegne e negozi italiani rimpiazzati dai vendicianfrusaglie dagli occhi a mandorla. Va così a Milano. Il 33 per cento del quartiere Sarpi, ovvero Chinatown, è già in mano a cinesi. Il dato offre molteplici e opposte letture (integrazione, quartiere ghetto o isolamento) ma ha il pregio di essere certo. L’ultima statistica è infatti attendibile e porta il timbro della Questura di Milano. Gli investigatori della squadra mobile hanno compiuto un primo censimento catastale. Vogliono capire, strada per strada, quali cinesi abitano in quel quartiere, chi sono i possidenti, i ricchi orientali, quali proprietà formano i principali cespiti immobiliari. È vero che stanno conquistando il quartiere? Pare di sì. Nomi, cognomi, cifre in una relazione di una ventina di pagine realizzata consultando banche dati e archivi. È un monitoraggio discreto, ricognitivo quello voluto dal questore Paolo Scarpis e realizzato dagli uomini del capo della squadra mobile, Vittorio Rizzi. Ne esce una fotografia precisa. Sono oltre venti i «possidenti», chiamiamoli così, dagli occhi a mandorla, ovvero quelli che possiedono più di due appartamenti. Di questo gruppo i più hanno acquistato tra le 5 e le 8 unità immobiliari. Questo vuol dire investimenti nel mattone di Chinatown che possiamo stimare anche di 2-3 milioni di euro per i più benestanti negli ultimi tre anni. Nella relazione della polizia si individuano anche i dieci cinesi più ricchi. Al primo posto un commerciante che tra diversi appartamenti, una mezza dozzina di box e magazzini conta un patrimonio immobiliare di tutto rispetto. E la mappatura dei beni indica anche la ragnatela della comunità, visto che non si privilegia più la zona Sarpi, ma acquisti nel 2005 si segnalano anche sull’asse di viale Padova fino al confine est della città.
E gli altri acquirenti? Imprenditori, commercianti, esperti in import-export, finanzieri che pagano gli appartamenti in contanti. Gente veloce, trattativa iniziale senza nemmeno sedersi. Spesso il cinese spunta l’appartamento un dì dei meneghini con rialzi dell’offerta anche tra il 5 e il 10 per cento. Cash ovviamente. Parola magica, biglietto da visita che apre tutte (o quasi) le porte. E il dato che ormai già un terzo degli immobili sia passato a cinesi impone un’altra riflessione: ma a Chinatown quanti sono i cinesi in affitto? Qui i dati sicuri mancano, gli agenti immobiliari interpellati che operano nella zona indicano che tra il 30 e il 50 per cento dei contratti d’affitto stipulati sono intestati a cinesi. Questo vorrebbe dire che tra il 63 e l’80 per cento delle abitazioni del quartiere sono di cinesi. Un dato che non si riflette sulla popolazione. È infatti impossibile indicare dati certi. Gli orientali spesso ospitano parenti per anni, subaffittano stanze, riuniscono le famiglie, danno un tetto ai numerosi clandestini che ingrossano la manovalanza in nero attiva in zona.

Ma di sicuro un pezzo di città sta cambiando proprietario. Un ultimo dato? Nel quartiere hanno aperto agenzie immobiliari bilingue di proprietà di cinesi con tanto di servizio mutui ed erogazione di finanziamenti.
gianluigi.nuzzi@ilgiornale.it

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