Gianandrea Zagato
Mandare a spasso un consiglio damministrazione è un giochino da ragazzi. Non ci credete? Basta disporre di un originale e di una fotocopiatrice e, oplà, il risultato è garantito. Lo dimostra il caso Serravalle, dove nel corso dellassemblea dei soci di ieri ben undici consiglieri su ventuno hanno rassegnato le dimissioni. Decisione seguita dalla convocazione urgente di unaltra assemblea per la nomina di un nuovo consiglio. Passaggi societari normati dalla legge.
Ma quello che colpisce è la lettura di otto di quelle undici lettere: hanno una sola motivazione e, sorpresa, è «la rottura del patto parasociale». Quello che la Provincia dichiara «di non aver rotto». Opinione di parte contestata in sede giudiziaria, amministrativa e contabile, dal Comune di Milano. E condivisa evidentemente dagli otto consiglieri. «Tenuto conto dei recenti mutamenti intervenuti nella compagine societaria e dei contrasti pubblicamente emersi tra la Provincia di Milano e il Comune di Milano che hanno portato alla rottura del patto parasociale» Carlo Bellavite Pellegrini, Alessandra Bassan, Giampio Bracchi, Francesco Bertolini, Riccardo Martucci e gli onorevoli Giovanna Senesi e Luigi Vinci insieme a Massimo Di Marco (della Serravalle è lamministratore delegato) mettono per iscritto di «ritenere necessario rimettere il mandato conferito».
Ma, attenzione, colpo di scena: gli otto consiglieri che danno corpo e sostanza alla tesi del Comune non sono quelli nominati da Palazzo Marino bensì quelli in quota a Palazzo Isimbardi. Sì, gli otto sono tutti espressione della maggioranza di centrosinistra alla guida della Provincia di Milano e che nelle ultime ore sostiene di non aver rotto il patto.
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