I diessini preparano la fronda anti Walter

Fuori, ma soprattutto dentro il Partito democratico, l’assedio attorno a Veltroni prosegue e - secondo un buon amico del sindaco di Roma come Peppino Caldarola - è «destinato ad aumentare ancora».
Dalemiani, fassiniani ed ex Ppi annunciano la costituzione di correnti interne. I fedeli del ministro degli Esteri prefigurano una vera e propria «convention» a fine gennaio, in occasione del decimo anniversario della Fondazione ItalianiEuropei. «Si parla di oltre mille presenze», assicura la Velina Rossa, avvertendo chi «dice che il tempo di D’Alema è finito» a stare in guardia: non sarà così. Anzi, D’Alema si fa in tre, dentro il partito: la corrente (ex lista alle primarie) di sinistra capeggiata da Livia Turco e Brutti; la neonata corrente «laica» di Cuperlo e Barbara Pollastrini, mentre il vicepremier cura i vescovi lanciando moniti sulla famiglia e anatemi al matrimonio gay. Fassino flirta con pezzi di ex Margherita (da Letta ai rutelliani) per costituire un blocco neo-riformista. Un’offensiva da più fronti con un solo obiettivo comune, che un dirigente ex Ds, dietro rigoroso anonimato, indica brutalmente così: «Rovesciare la maggioranza interna, disconoscere l’autorità di Veltroni, riprendersi il partito».
L’unica carta che il leader Pd ha in mano si chiama Berlusconi. E l’unica mossa che può disinnescare la manovra è la rapida intesa su una legge elettorale con Fi (più Udc e Prc). Anche se gli antiveltroniani sono convinti che ci sia una carta di riserva, sempre da giocare d’intesa con il Cavaliere: «Se si va al referendum, i piccoli faranno saltare il governo. E Walter sceglierà le elezioni anticipate: rischia di perdere, ma almeno potrebbe farsi un partito su misura».

La decisione sulle liste elettorali, infatti, resterebbe nelle sue mani. Tanto che si annuncia una modifica allo Statuto da parte degli oppositori: in caso di sconfitta alle elezioni, «il segretario Pd deve dimettersi».

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