Non sono stati solo i mercati europei a essere investiti ieri dallonda delle vendite, finendone travolti. In serata, a poco più di unora dalla chiusura, anche Wall Street si avviava a un fine-seduta da brivido, con il Dow Jones schiacciato sotto i 10mila punti e ricacciato indietro di oltre tre punti percentuali così come il Nasdaq. Almeno per una volta, i ruoli si sono invertiti: leco della possibile bancarotta sovrana dellUngheria, nonché dei rovesci degli indici nel Vecchio continente, è arrivato oltre oceano e ha finito per peggiorare lumore di un mercato già maldisposto dallandamento del mercato del lavoro nel mese di maggio.
Quel dato, 431mila nuovi posti creati, inganna solo a una lettura superficiale. È vero che si tratta dellaumento maggiore da marzo 2000, ma è comunque inferiore alle stime degli analisti che avevano scommesso su un incremento più robusto (attorno alle 500mila unità) e, soprattutto, comprende anche lesercito degli assunti temporaneamente per il censimento dello Stato. Un segno di vitalità artificiale, destinato a non ripetersi nei prossimi mesi, depotenziato oltretutto dallo scarso contributo alla recovery occupazionale dato dal settore privato, dove il mese scorso le nuove assunzioni sono state appena 41mila contro le 218.000 di aprile. Segno che qualcosa ancora non gira nel motore della Corporate America. Anche il tasso di disoccupazione, benchè sceso dal 9,9 al 9,7%, resta troppo alto, non includendo tra laltro quelli che, scoraggiati, rinunciano a cercare un impiego. E, a conferma di come il mercato del lavoro rimanga debole, in maggio i salari orari sono cresciuti solo di 0,07 dollari a 22,57 dollari, un incremento nemmeno sufficiente a tenere il passo con l'inflazione.
Il Paese ha invece bisogno di ben altro per rendere sostenibile la ripresa ed assorbire la troppa gente a spasso. Dallinizio della recessione, a fine 2007, gli Stati Uniti hanno perso 7,8 milioni di posti. In media si stima che per compensare la crescita demografica, su cui incide anche la forte immigrazione verso gli Usa, la prima economia mondiale abbia bisogno di circa 125mila nuovi posti di lavoro al mese, onde evitare aumenti della disoccupazione.
Il presidente Barack Obama, commentando il dato, ha riconosciuto che gli Stati Uniti stanno uscendo dalla crisi, ma la ripresa è ancora nelle fasi iniziali. «Ci muoviamo nella giusta direzione - ha detto - anche se milioni di americani sono ancora senza lavoro». La recessione, ha aggiunto, «non è ancora finita».
Con una lettera inviata al G20, il segretario al Tesoro Tim Geithner ha intanto mandato un avviso al mondo: per la ripresa globale non contate più sui consumatori Usa, ormai orientati verso un maggior tasso di risparmioRPar
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