da Roma
Anche se conveniva a tutti presentarla in questo modo, non è stata una semplice «concessione» alla sinistra ds, il rallentamento sulla strada del Partito democratico. Al momento, il progetto prodiano non è la «bicicletta» elettorale temuta da Arturo Parisi, ma men che meno lagognata «locomotiva». Se nè accorto il sindaco di Roma, Walter Veltroni, durante le assise ds, tanto da cambiare programmi e intervenire per rimettere un po in asse il timone. Blanda era stata la risposta di Fassino allaccelerazione chiesta da Prodi, addirittura esplicita la contrarietà mostrata da un DAlema teso a fare della Quercia una falange difensiva. Un DAlema che sarebbe tornato ultradiffidente anche nei confronti del risorgente asse Veltroni-Rutelli.
La verità del sentimento che serpeggia tra i Ds sta allora in quel sospetto che ha preso corpo. «Cè chi vuole mettere le mani in casa nostra», ha scandito laltro giorno DAlema. «Cè stata unOpa ostile lanciata da partiti, centri di potere, soggetti editoriali», ha ribadito Fabio Mussi in unintervista allUnità. Chiarendo che «alcuni tra quelli che hanno di più messo i Ds sulla graticola sono quelli più spinti sulla linea del Partito democratico... Unidea secondo la quale la sinistra deve andare sostanzialmente a Canossa: si chiude la pratica, si mette sotto bandiere altrui, e la storia finisce qui». «Problemi nei rapporti interni tra Dl e Ds», ha ammesso anche Parisi, come denunciato da un altro dei più contrari al Partito democratico, Ciriaco De Mita. E pepe sulle ferite ha messo laltro giorno nellesecutivo della Margherita Rino Piscitello, dicendosi convinto dellintreccio tra Consorte e la Quercia, «altro che compagno che sbaglia!». Tanto che Rutelli, per rompere limbarazzo, lavrebbe buttata in caciara: «Ci tocca pure difendere i comunisti che si volevano fare una banca...». Insomma, se Romano Prodi chiama, la «politica ha altri tempi», ammette lentourage del Professore. Il quale vede la «partita in evoluzione» e aspetta «con calma» gli eventi, «prima di fasciarsi la testa». «Pazienza, ci vuole pazienza: daltronde è la prima qualità di un leader...», si consola il Professore con gli intimi. Anche se i tempi sono «ormai maturi», Prodi avrebbe concesso a Fassino una «dilazione» dei tempi, sperando che si plachino le acque. E accettato linnalzamento del livello di fuoco da parte della Quercia in difficoltà. Ma come diradare quel «fumus persecutionis» sceso nei rapporti tra Ds e Margherita? I sospetti su «chi voleva mettere le mani in casa nostra» rendono arduo lavanzamento dei lavori. Cosa che riduce drasticamente il peso della leadership prodiana, già avvertita con estremo fastidio tra i diessini.
Tanto per declamare «olimpica serenità» tra questi sposi promessi ma non amanti, Prodi ieri si è concesso una lunga passeggiata per le vie di Roma assieme alla moglie Flavia. «Non è successo niente, non dico nulla», ha depistato i cronisti, attardandosi nella visita (con preghiera) nella Basilica della Minerva. Giro per Pantheon, piazza Monte Citorio, piazza Colonna, spesa al supermercato e ritorno a casa. Una sola battuta, a proposito del timore di un confronto tv con Berlusconi: «Come diceva Totò: ma quale paura? Nel mio vocabolario non esiste questa parola a meno che non si tratti di un errore di stampa...». Lunedì nel suo ufficio è previsto un incontro con i leader dellUlivo, prima di organizzare un tavolo dellUnione in settimana. Limpasse del Partito democratico non aiuta le trattative per le liste elettorali, ferme alle proposte ds del 62% dei candidati e a quelle della Margherita del 39 %, sempre al netto degli «uomini del Presidente». Il vero nodo sembra appunto il peso dei prodiani di provata fede. Massimo sette, vorrebbero Dl e Ds.
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