I dubbi sullo stop al «beauty contest»: nessuna televisione è disposta a pagare

Pd e Terzo Polo avevano applaudito quando, a metà gennaio, il ministro dello Sviluppo economico, Corrado Passera, bloccò il beauty contest, ossia l’asta gratuita, per l’assegnazione delle frequenze televisive lasciate libere dal passaggio dalla tv analogica a quella digitale. La contestazione, del resto, era semplice: impossibile regalare qualcosa in tempo di crisi.
Molto giusto, per carità, anche perché qualcuno ha calcolato che i sei multiplex che il governo Berlusconi voleva «regalare», di cui uno anche a Mediaset, l’azienda della famiglia del premier, potevano valere fino a 2,4 miliardi. Ed ecco che l’operoso governo Monti ferma tutto per 90 giorni in cerca di nuove regole, più profittevoli per lo Stato. Il termine dovrebbe scadere a metà aprile, ma c’è un problema. Nessuno, infatti, vuole pagare per queste frequenze a differenza di quanto avvenuto per quelle della telefonia mobile, per le reti di quarta generazione a banda larga (Lte), che hanno fruttato 4 miliardi. Quelle televisive, insomma, sono diverse.
Anche quando erano gratis, al beauty contest, avevano partecipato in pochi. Oltre a Rai e Mediaset c’erano Ti Media, 3 Italia, Prima Tv, Europa 7 e Canale Italia. Fino a novembre c’era anche Sky, che aveva fatto fuoco e fiamme con l’Ue per essere ammessa. Poi, quando ha capito che per la tv in chiaro avrebbe speso parecchio, ha deciso, nel novembre scorso, di ritirarsi adducendo regole discutibili e lungaggini nell’assegnazione. L’uscita di Sky ha riacceso il dibattito ma non l’interesse a mettere mano al portafoglio. Mediaset ha già dichiarato di non voler partecipare a un’asta onerosa; la Rai, si sa, ha i bilanci in rosso, come del resto anche altre società iscritte al beauty contest. Il ministro Passera sperava di poter nuovamente chiamare in causa gli operatori telefonici che però di sborsare altro denaro non ne vogliono sapere. Per l’asta si potrebbero aspettare tempi migliori, ma sull’Italia pende una procedura di infrazione Ue, dato che il beauty contest doveva servire a far entrare nuovi player sul nostro mercato televisivo. Se dovesse essere fermata a tempo indeterminato, l’Ue presenterà certamente il conto. Inoltre, c’è anche un altro problema.

Bisogna assolutamente riorganizzare le frequenze per la tv digitale terrestre al fine di liberare quelle a 800 Mhz, ora occupate da piccole emittenti locali, che sono già state vendute agli operatori di telefonia mobile per realizzare le reti Lte e che, per questo, in Italia, a differenza di altri Paesi europei, non sono ancora operative. Insomma l’alt al beauty contest ha provocato un vero pasticcio da cui, però, se lo Stato insisterà per voler vendere a caro prezzo le sue frequenze, non sarà facile uscire.

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