I «fantastici sei» del Pastificio Cerere

Sabrina Vedovotto

Non fanno parte di un movimento, perché non hanno elementi che li rendono coevi, non hanno ideali comuni, ispirazioni sociali, politiche, nessuna ideologia di base in comune. Probabilmente però qualcosa di ancora più importante li unisce. Quel qualcosa che rende gruppo un numero di persone diverse per tanti motivi. Sono tutti confluiti, intorno alla seconda metà degli anni Settanta, in un unico quartiere, anzi, ancora meglio, in un unico palazzo. Quel famoso Pastificio Cerere di via degli Ausoni, a San Lorenzo, dove, poco alla volta, moltissime figure intellettuali di Roma sono andate a vivere.
Sei artisti, più o meno tutti della stessa generazione, che hanno sentito il bisogno, l’esigenza di un confronto. Bruno Ceccobelli, Gianni Dessì, Giuseppe Gallo, Nunzio, Piero Pizzi Cannella, Marco Tirelli. Tutti insieme a ricordare quel momento di grande energia artistica di una città come Roma spesso considerata sorniona, in una mostra dal titolo «San Lorenzo, presso Villa Medici».
L’evento è stato fortemente voluto dagli Incontri internazionali d’Arte, nella persona di Graziella Lonardi, che da sempre segue con passione ed entusiasmo il lavoro di questi artisti. La mostra è emozionante, per la maestosità dei lavori, e soprattutto per la sensibilità che si sente essere ancora presente negli animi dei sei grandi, nonostante siano passati ormai tanti anni dal loro debutto, e siano state molte le mostre alle quali hanno partecipato. È un percorso di grandi suggestioni quello che si segue a Villa Medici, cominciando con la visione delle enormi sedie di Giuseppe Gallo. Alte poco più di due metri, sembrano ergersi verso l’alto, quasi a voler toccare il soffitto e anche oltre. Filiformi, esili, con le gambe sbilenche, a dare il senso di provvisorietà, di instabilità. Il secondo lavoro è quello di Marco Tirelli, anche questo imponente. Due dipinti posti ai lati della sala, caratterizzati dal suo tipico gioco di luci e ombre, di bianco e nero. Forme che sembrano ricordare luoghi lontani, pianeti inesistenti.
Il lavoro di Nunzio è di rara bellezza. Qui l’altezza raggiunge i quattro metri, e nel porsi vicino a questa scultura, una combustione di colore nero, la sensazione è quella di smarrimento, di impotenza. Nonostante la sua forma avvolgente. Posta al principio di una scala, sembra preparare agli altri lavori presenti in mostra, a quello vicino di Ceccobelli, al grande quadro di Pizzi Cannella e poi infine alla gigantesca scultura di Gianni Dessì. Quest’opera va vista con estrema attenzione, perché si tratta di un gioco da fare con gli occhi.

Bisogna porre attenzione non solo alla scultura ma, oltre che alla grande figura fatta di resina, al dipinto appena dietro, che sembra essere appoggiato sulla sua spalla. Un incredibile gioco di prestigio realizzato sapientemente.
Informazioni utili: «San Lorenzo a Villa Medici», fino al 19 dicembre.

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