Politica

I fenomeni delle tre carte

Se fosse stato il primo inciampo, si potrebbe pensare ad un governo e ministri economici pasticcioni. Si tratta invece di una regola: come vessare i contribuenti e addossare la colpa alle gestioni precedenti. Oggi parliamo di Iva, l’imposta regina del nostro sistema fiscale, e delle auto aziendali.
Un piccolo passo indietro. A settembre dell’anno scorso la Corte di Giustizia europea condanna l’Italia a restituire a imprese e lavoratori autonomi la bellezza di 17,2 miliardi di euro. Una manna. Semplificando si può dire che l’Europa ha considerato illegittimo il comportamento fiscale italiano che danneggiava certe categorie di automobilisti, riguardo il pagamento (e la sua detraibilità) dell’Iva. E con la medesima sentenza obbligava il governo italiano a restituire il maltolto degli ultimi quattro anni.
Per il governo Prodi, Visco e Padoa-Schioppa una mazzata, schivata, vedremo, in modo magistrale.
Per prima cosa il governo si è affrettato a «spesare» l’intera posta nel 2006. Vi sono delle ragioni tecniche, ma quella fondamentale è di tipo mediatico. Caricando artificialmente di 17 miliardi il fabbisogno dello Stato nel 2006 si sballavano evidentemente tutti i conti e i parametri di deficit pubblico. Il governo ha avuto buon gioco nel sostenere che l’eredità del passato era quella di un pesante sfondamento della regoletta aurea del tre per cento, come limite al deficit. Il 2006 senza rimborsi Iva (a cui si sono poi aggiunte altre partite straordinarie) si sarebbe invece chiuso al di sotto del noioso tre per cento. Smontando l’impalcatura del disastro dei conti pubblici fino a quel momento contrabbandata come sacra verità. Ma non finisce qui. Secondo un’approfondita ricostruzione del Sole 24 Ore di ieri solo quattro miliardi (sui previsti 17) verranno effettivamente restituiti ai cittadini italiani. E rappresenteranno dunque un’uscita effettiva per le casse dello Stato. Il motivo è semplice: richiedere il rimborso è «un casino» tale che in molti rinunceranno. Manca solo un mese per fare richiesta dei rimborsi e le carte sono talmente tante e la burocrazia da soddisfare è così farraginosa, che gli esperti del Sole 24 Ore sono certi di ciò che affermano. Complimenti dunque alla capacità liberalizzatrice e modernizzatrice di un governo che sembra bravo a stare a tavola solo sui deschi altrui. Preferendo le mani a casa propria.
Fino a qua si tratterebbe di un’ordinaria, anche se grave, maleducazione burocratica, condita da propaganda politica. Un pasto già sopportato migliaia di volte e con perfetta attitudine bipartisan.
Ma il genio dei nostri tecnici all’economia non ha limiti nell’inventare nuovi balzelli. E sull’onda di questi maggiori oneri (sulla carta sono i famigerati 17 miliardi) l’esecutivo ha introdotto nuove imposte a carico di imprese e lavoratori autonomi per pareggiare il presunto buco derivante dalla sentenza Ue. Sempre secondo la documentata inchiesta del Sole 24 Ore, l’inasprimento fiscale netto sulle auto aziendali sarà infatti di 2 miliardi l’anno.
Un capolavoro. La Ue condanna l’Italia. Il governo piega la testa, sfrutta la situazione per addebitare ad altri il costo politico del buco, mette i cittadini nelle condizioni di non beccarsi indietro un euro e contemporaneamente aumenta la tassazione. Dei fenomeni.

Delle tre carte.
Nicola Porro

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