Milanesi chiamati Jihad, Islam, Osama. Centinaia di bambini, ragazzi, uomini. Musulmani immigrati in città, o nati in Italia da extracomunitari, e votati fin dal nome alla «lotta», alla Guerra santa contro gli «infedeli» (gli italiani). Quegli «infedeli» che li accolgono nel nostro Paese, che danno loro unopportunità di lavoro, unabitazione in affitto più o meno decorosa. Gli stessi infedeli mandano i figli nelle stesse scuole, prendono gli stessi mezzi pubblici.
Mohamed Game aveva chiamato suo figlio con il nome dellIslam. E allanagrafe del Comune di Milano risultano centodieci persone, in gran parte bambini, con lo stesso nome. Un fenomeno inquietante, che si ripete. Uno dei marocchini arrestati lanno scorso mentre covava progetti terroristici in concorso esterno con Al Qaida aveva chiamato il suo bambino - neonato - Osama, e dellaltro figlio, di due anni, si compiaceva: «Che bel bambino, diventerà come lo zio Osama». E intanto già pensava di indottrinarlo sulle virtù del principe del terrore saudita. Impressionante scoprire che Rachid Ilhami non era lunico estimatore del leader di Al Qaida, se è vero che lanagrafe di Milano conta 107 residenti con quel nome, dieci dei quali nati dopo l11 settembre - ma già prima dellecatombe alle Twin Towers era conosciuto e ammirato nel mondo islamico per i macabri proclami.
Altra inquietante pagina dellanagrafe milanese è quella occupata dal nome Jihad. Nella tradizione islamica significa letteralmente «sforzo», ma nelluso comune, soprattutto nellambito delle comunità religiose, o politicizzate, viene associato a «lotta», «combattimento», e ovviamente a «guerra santa», tanto da essere stato scelto come «ragione sociale» da alcuni gruppi islamisti mediorientali. Un nome che in Germania è finito al centro di un contenzioso legale e mediatico. A un imam integralista è stato infatti inizialmente impedito di chiamare Jihad il figlio, prima che un tribunale berlinese dopo tre anni di battaglia a colpi di carta bollata gli accordasse il permesso di registrarlo allanagrafe così. Sono tredici le persone che con questo nome negli ultimi anni sono transitate dallanagrafe milanese. Due sono nati a Milano. Uno - lo conferma il Comune - è cittadino italiano nato da cittadini italiani.
«Dare un nome del genere a un bambino non è un buon segno di partenza - ha detto lassessore ai Servizi anagrafici, Stefano Pillitteri - non è indice di volontà dintegrarsi. In Germania hanno riconosciuto la liceità di quel nome, e credo che anche noi non abbiamo la facoltà di sindacare sui nomi». Dallanagrafe lo confermano: gli uffici hanno il dovere di registrare il nome, e la facoltà di segnalarlo, se si tratta di un nome «ridicolo o vergognoso».
Gabriele Mandel, insignito dellAmbrogino doro, psicologo, artista e guida spirituale dei sufi, i «frati dellIslam», è molto chiaro: «Psicologicamente il nome segna un individuo. Integralisti e terroristi che credono di andare in paradiso devono sapere che il suicidio è un peccato grave per lIslam».
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