I forcaioli s’impiccano da soli. Per denaro Al «Fatto» volano gli stracci, «la Repubblica» lancia siluri contro Padellaro & C., Santoro litiga e Grillo protesta Altro che ideali, il fronte dei media giustizialisti si azzuffa per spartirsi la torta: l

Quando venne lanciato il Fatto nel settembre del 2009 il fronte di coloro che puntavano sulla politicizzazione della giustizia per comandare in Italia trovò un’avanguardia. Certamente la corazzata della magistratura politicizzata restava la Repubblica e il partito delle toghe militanti ha le sue colonne in gran parte della «stampa indipendente». Ma con il quotidiano di Marco Travaglio nasceva l’organo dei picchiatori mediatici, quelli che incalzano i tribunali non allineati, che tengono sotto tiro la Cassazione, che intimidiscono il Csm già retto da una personalità di secondo piano come Michele Vietti. È in quella fase che i settori più estremistici delle procure, gli Antonio Ingroia, le Ilde Boccassini si sottraggono ai richiami di pubblici ministeri anche «militanti» ma preoccupati dagli eccessi. Probabilmente la svolta estremistica di certi pm come dimostra la figuraccia sul caso Massimo Ciancimino, non riuscirà proprio per la sua stessa esasperazione in quell’obiettivo (rovesciare il corso della politica nazionale, come aveva detto Ingroia) che si era prefissata.
Ma ancor prima degli esiti di una sconfitta politica, si iniziano a intravedere i segni di una disgregazione anche del fronte dei media forcaioli. Lo scontro tra Luca Telese, Stefano Disegni, Marco Travaglio nel quotidiano diretto da Antonio Padellaro si aggiunge ai litigi con Michele Santoro, alle proteste di Beppe Grillo, alle tirate di Luigi de Magistris. Mentre dalla corazzata della Repubblica si intravedono i primi siluri contro l’incrociatore il Fatto che le rubava lettori.
Il problema di fondo è che dietro ai successi editoriali e di audience dei forcaioli al di là dell’insorgenza di alcuni settori della magistratura, non vi sono settori fondamentali della società: non tra le imprese, non tra i lavoratori, non tra i ceti medi produttivi e neppure tra i giovani.
Non vi sono le basi per una vera svolta della politica ma si intercetta solo il malessere di parti della società, innanzitutto nel pubblico impiego, che temono per la propria condizione ma non hanno alcuna visione generale da proporre. Le terribili guerre e le tragiche soluzioni totalitarie del Novecento, di destra o di sinistra che fossero, interloquivano con classi sociali, con parti dell’establishment, prospettavano soluzioni talvolta crudeli (e per noi oggi assolutamente inaccettabili) che apparivano credibili. I nostri forcaioli in toga o meno, invece, riescono a convogliare talvolta del malumore, hanno successo spesso a paralizzare i processi di decisione democratici, ma non hanno alcuna prospettiva.
E così, alla fine, quel che motiva i protagonisti dei media sono soltanto i «soldi» che si riescono a fare vendendo centinaia di migliaia di libri che dicono le stesse cose, producendo teletrasmissioni di pura rabbia, vendendo giornaletti grondanti di teppismo. Ma se la motivazione diventa solo il soldo, senza alcuna prospettiva, è inevitabile che scatti la molla della più spietata concorrenza: il giustizialista più sanguinario non è più un compagno di strada ma un concorrente che ti ruba copie, audience. Il pagliaccio travestito da boia non vede in chi le spara grosse come lui, un utile amico di una dura lotta bensì quello che ti sottrae pubblicità per il blog, per la trasmissione.


C’era chi assistendo al lancio di una nuova testata iperforcaiola nel settembre del 2009, si era preoccupato che fossero nati i nuovi fasci di combattimento destinati a distruggere lo Stato democratico. Invece parrebbe che sia sorto solo una sorta di Circo Togni grandguignolesco per spartirsi un po’ di diritti di autore.

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