Ma i giornali di sinistra si arrampicano sulle macerie «Un anno buttato via, ci sono ancora 5mila sfollati»

«L’è tutto sbagliato, l’è tutto da rifare». La famosa «massima» di Gino Bartali sembra aver ispirato le scelte editoriali della stampa vicina all’opposizione, intenta ieri a commemorare il primo anniversario del sisma abruzzese. Puntare sui ritardi nella ricostruzione (dopo 12 mesi...) e ignorare le migliaia di case nuove costruite. Inchieste, editoriali, vignette, cronache, tutte animate dal bisogno di dimostrare che no, non è cambiato niente. Quasi come se le macerie del terremoto fossero divenute l’ultimo ring politico, l’ultimo altare su cui scordare i crolli elettorali del centrosinistra. Il filo conduttore è praticamente lo stesso, da Repubblica al Fatto, dall’Unità a Liberazione, da Europa al Manifesto. Quest’ultimo apre con una vignetta di Vauro. Due aquilani tra le rovine della città si guardano sconfortati: «Sembra ieri», dice il primo, «è ieri!», replica il secondo. Quasi in fotocopia la vignetta di Mauro Biani su Liberazione. Un ragazzo spinge una carriola piena di macerie, dietro di lui la facciata della prefettura dell’Aquila come appariva un anno fa, sconnessa e cadente, senza le impalcature e le coperture di oggi: «Un anno, come passa il tempo, sembra ieri». Europa, poi, spara in prima un titolo duro col premier: «Un anno dopo Berlusconi festeggia, gli aquilani no». Spiegazione affidata a un editoriale a pagina due, che sottolinea come 5.300 persone siano ancora sfollate, ossia vivano tra alberghi sulla costa (4.500) e caserme (800). Delle 20mila persone che hanno perduto la casa e che ora abitano negli appartamenti antisismici e nelle casette di legno, nemmeno una parola. Anche se nella stessa pagina il senatore del Pd Franco Marini sembra dare una lettura meno catastrofica della gestione dell’emergenza. La protezione civile? «Una potenza assoluta. La prima emergenza è stata gestita in maniera unica (...) sono stati eccezionali». Gli sfollati? «La priorità era quella di toglier la gente dalle tende, e questo è stato fatto, bisogna dirlo chiaramente».
Ma la chiarezza latita. Il Fatto punta sulle inchieste aperte, e sul «mancato allarme che potrebbe coinvolgere la protezione civile». L’Unità all’anniversario dedica uno speciale di 32 pagine. Nessuno dorme più in tenda, ma per il quotidiano fondato da Gramsci questo è «un anno perduto». La scelta di dare un tetto agli sfollati, la strategia dei «due tempi» che ha diviso ricoveri stabili e ricostruzione dei danni è «sciagurata». La testatina che accompagna le vignette disegnate dai bambini? «Il laboratorio della rabbia - Le elementari». E i «buchi» nel progetto di proporre in «adozione» al G8 i monumenti da restaurare è «colpa» di Berlusconi, non di chi ha promesso una cosa passeggiando tra le macerie e poi ha scordato.
Meno audace Repubblica, che titola sulla «Notte della memoria» pur rimarcando i fischi al messaggio del premier e le contestazioni in consiglio comunale. C’è anche il racconto di una famiglia che vive in hotel, ma poi a leggere il «dossier» con le cifre del post-sisma la storia cambia: nel pezzo si spiega come dei 67mila «assistiti» della prima ora solo 4,300 vivono in albergo, e 622 nella caserma di Coppito.

«Per tutti gli altri la protezione civile è riuscita a ottenere un tetto - scrive Repubblica - 19mila aquilani sono stati sistemati nelle case realizzate dal governo, le tendopoli sono state chiuse a dicembre». E «tempi record» il quotidiano diretto da Mauro li registra «per le scuole distrutte dal sisma: ne sono state tirate su e riaperte 32». Insomma, un disastro su tutto il fronte, certo. Soprattutto per le Cassandre.

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