Si può. Ci si può armare di vernice a spruzzo e andare a dipingere senza permesso muri che non ci appartengono, e farla franca. Il graffitaro Bros ieri esce incolume dal processo davanti al tribunale di Milano. Il giudice Guido Piffer non lo assolve e nemmeno lo condanna. Basta la prescrizione a salvare Bros, insieme alla mancanza di un foglietto: una querela che i vigili giurano di avere portato in Procura, ma che nel fascicolo non è mai arrivata. E a Piffer, a quel punto, non resta altro che assolvere. Il graffitaro - che per loccasione si era presentato in aula come uno studente del Leone XXIII, in camicia azzurra immacolata e stirata - lascia il tribunale, pronto a rimpugnare la bomboletta. Mai, nemmeno nella pause del processo, ha dato la più pallida idea di pentimento o almeno di riflessione.
Ad assistere allultima udienza, il 27enne Daniele Nicolosi - questo il vero nome dellartista - si era presentato munito del catalogo delle sue opere, edito dalla prestigiosa Skira. Il catalogo, daltronde, era stato presentato tra le prove a difesa: come se gli avvocati di Bros, Chiarloni e Iannaccone, ritenessero che il tema del processo fosse la qualità delle opere del graffitaro (oggettivamente notevole). E come se sul tavolo non ci fosse invece una questione ben più banale, e cioè se si possa o non si possa trattare come cosa propria un bene che è pubblico, cioè di tutti. Nel caso specifico, una pensilina dellAtm in piazzale Lodi e un muro di cinta del carcere di San Vittore; due manufatti di scarsa avvenenza, ma che nessuno aveva proclamato res nullius, roba di nessuno alla mercè del primo spray.
Lui, Nicolosi, coccolato dai media come una star, nelle pause delludienza parla delle sue opere, che chiama «interventi». É ben vero, dice, che firme sugli «interventi» non ne fa più da un pezzo, e che lunica perizia per individuarlo come autore dei graffiti sotto accusa «lha fatta un vigile urbano». Ma che le opere fossero sue non ci piove, anche perché lui non si è mai sognato di negarne la paternità, «sarebbe stato rinnegare me stesso». E daltronde il giovanotto sembra seriamente e serenamente convinto di essere un benemerito della città, visto che realizza gratis sui muri di sua scelta opere di grande valore economico: «allultima mostra cui ho partecipato è stato sostenuto che una mia opera di un centimetro per un centimetro vale 32 euro». E poiché i graffiti di Bros occupano spesso decine di metri, il conto è presto fatto.
Il Comune si era costituito parte civile chiedendo a Bros 18mila euro di danni: «Sono contento - dice lui dopo il proscioglimento - perchè non dovrò pagare tutti questi soldi», brontola perchè «con questa sentenza non si è risolto di certo lenigma tra arte e vandalismo», promette che «non cambia niente, io continuerò a portare in giro la mia arte».
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