Non male per chi, solo poco più di un anno fa, sembrava costretto a difendersi all’angolo. Anche allora, tanto per cambiare, a creare problemi era il caso Parmalat-Ciappazzi. E nel febbraio 2006 la decisione del gip di Parma, che interdiva il banchiere per due mesi da ogni incarico, allontanandolo dalla plancia di comando della banca, arrivò in un momento particolarmente delicato.
Il «vulnus» subito sanato C’era da tessere la tela di possibili aggregazioni (allora l’ipotesi era quella di Banca Intesa), Arpe e i soci olandesi di Abn Amro scalpitavano. Superata, come nelle partite di hockey, la penalizzazione, un’altra tegola: in dicembre la condanna in primo grado per il crac Bagaglino-Italcase. In tutto 20 mesi di carcere per bancarotta. La compagnia era illustre (tra i condannati c’erano tra l’altro i banchieri Divo Gronchi e Pierluigi Fabrizi, gli imprenditori Roberto Colaninno e Steno Marcegaglia). Ma le conseguenze spiacevoli: in attesa dell’appello la condanna portava con sé la perdita dei requisiti di onorabilità previsti per chi guida banche o società finanziarie. Un vulnus che andava sanato con un nuovo pronunciamento dei soci. L’investitura delle assemblee di Mediobanca (di cui Geronzi era già consigliere prima della recente nomina a numero uno) e Capitalia fu quasi unanime, lo scoglio fu superato.
«Condanna preventiva» Viste le premesse non c’è da meravigliarsi che chi lo conosce descriva un Geronzi imperturbabile di fronte alle decisioni del Gup di Parma. Non è una condanna, non comporta alcuna sospensione, e gli avvocati del banchiere hanno già preannunciato ricorso in Cassazione «per l’abnormità del provvedimento». C’è stata una invasione di campo, ha detto Ennio Amodio. Il giudice di Parma «non solo ha ordinato il rinvio a giudizio, ma si è spinto a esprimere diffusamente il suo convincimento, arrivando a scrivere una vera e propria sentenza di condanna. Il Codice lo vieta».
In più, volendo andare a guardare nel merito, a sostenere le contestazioni dei magistrati sono soprattutto le dichiarazioni di Calisto Tanzi e Fausto
Tonna (non del tutto attendibili quanto a bilanci e resoconti) che accusano i vertici di Capitalia di averli costretti ad acquistare le acque Ciappazzi, in sostanziale fallimento, per rientrare dai debiti con Ciarrapico. L’asse con Profumo Certo, all’orizzonte ci sono ancora le decisioni sulle vicende Eurolat e sul caso Cirio, ma c’è anche un appuntamento che celebrerà la centralità del banchiere di Marino negli assetti di potere dell’economia italiana. Lunedì prossimo le assemblee di Capitalia e Unicredit sanciranno la fusione delle due banche e il coronamento del progetto di Geronzi. Tutto, insomma, sembra marciare spedito in direzione del primo ottobre, quando le nozze saranno compiute. E per il futuro la rete di rapporti del finanziere romano sembra più solida che mai. L’asse con Alessandro Profumo è cementato da presenze forti nel cda della nuova SuperUnicredit come quella di Salvatore Ligresti. Tra Geronzi e Ligresti l’intesa sembra solidissima. Fino a far dire, che sembra di rivedere, riveduto e corretto, il rapporto tra l’ingegnere di Paternò ed Enrico Cuccia. Quanto a Mediobanca i tradizionali alleati francesi non dovrebbero avere motivi per creare problemi: Geronzi sembra destinato a rimanere il loro principale punto di riferimento.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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