Cronache

I jeans dei portuali divennero di moda dopo la crisi del ’29

I jeans dei portuali divennero di moda dopo la crisi del ’29

Bleu de Gênes - piccola storia universale dei jeans (Mursia) del genovese Remo Guerrini inizia con un ricordo anni Sessanta quando i jeans si vendevano solo in Sottoripa. Vi erano tutti i tre marchi, Levi’s, Lee e Wrangler, ma era «roba blu scuro e dura come cartone». Allora vestire jeans è stata la libertà portata dal rock o da On the road di Kerouac (1957). Al cinema nel ’53 aveva spopolato il selvaggio di Marlon Brando, ispirato alla rissa di Hollister (California), dove quattromila «bikers» si erano sfidati a bevute di birra, entrando ed uscendo con le moto dai bar.
Sono spunti da un libro «pirotecnico» per i tanti aneddoti, per le storie principali dinastie dei jeans, per la descrizione delle tecniche di tessitura o di coloritura del famoso colore blu. Il libro soprattutto ripercorre la storia del cotone attraverso le crisi economiche, dalla laniera dell’XI secolo che fu la prima e lo impose, avvantaggiando gli importatori, cioè i mercanti genovesi e veneziani. Il termine jeans, da Gênes (Genova in francese, come il denim, fratello gemello, deriva dal francese Nîmes) si usa per la prima volta in Inghilterra. Questa nazione nel Settecento diventa massimo importatore di fustagno (cotone), sia di quello genovese che aveva superato ogni crisi. In tempi recenti la storia del cotone è riproposta attraverso i risvolti economici della guerra di Secessione Americana, poi come la materia prima dominante nell’Ottocento, fino alle necessità del mondo moderno, indirizzate a maggior ecologia. Ogni anno per l’uso dei pesticidi muoiono 20mila persone, di cui i più addetti alla coltivazione del cotone; con la moda del jeans invecchiato, il metodo della sabbiatura nel 2008 ha provocato la silicosi a 5mila addetti in stabilimenti illegali della Turchia. Un’altra storia è l’evoluzione del jeans con la moda. Questa tela resistente, che un tempo copriva le merci in porto, fu poi utilizzata per i pantaloni dei lavoratori e dopo la crisi del ’29 diventò in America il modo economico di vestire. Nel ’60 significava stare insieme, nel ’70 implicava uno star separati perché il jeans firmato non era accessibile a tutti, negli anni Ottanta imperversa quello strappato e nel ’90 con il rap s’impone il «baggy» (senza forma). La Levi Strauss, ritrovandosi invenduti gli stock tradizionali, ricorre ad un budget pubblicitario di 90 milioni di dollari, mentre suo gran successo del passato, per il lancio dei jeans per bambini, era stato il gadget della pistola ad acqua. Segno particolare del libro: la leggerezza di scrittura. Interessa senza annoiare, qualità che Guerrini ha maturato da lunga professionalità: giornalista direttore di grandi testate, ha pubblicato per primo la spy story della Mondadori, diventando poi autore di thriller. Questi suoi capitoli scorrono lievi tra suspense e buona informazione.


«Bleu de Gênes», Remo Guerrini (Mursia) 162 pagine, 12 euro.

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