I lavori che la mafia non vuol fare: pizzo in «subappalto» agli ucraini

Anche per i boss della Ndrangheta ci sono lavori sgraditi e li demandano agli stranieri. È il caso delle estorsioni: nella zona di Lamezia Terme il vecchio e radicato business del pizzo era «subappaltato» a una gang ucraina. Quando l’hanno scoperto, gli inquirenti ci sono rimasti di sasso. «Ci siamo chiesti come questi stranieri potevano operare in un territorio difficile come quello di Lamezia - ha spiegato il procuratore aggiunto di Catanzaro, Giuseppe Borrelli - e abbiamo potuto registrare che questo avveniva con il consenso delle locali cosche di ndrangheta». Tra il gruppo calabrese, capitanato da Matteo Vescio, ritenuto affiliato a una potente cosca locale, e quello venuto dall’est, con a capo Vasyl Koval, si sarebbe stabilito un patto d’affari proficuo. Gli ucraini taglieggiavano in tutta libertà e, quando c’era bisogno di manodopera per operazioni che interessavano i calabresi, gli immigrati si mettevano a disposizione. Un meccanismo talmente oliato che avrebbe portato il sodalizio a ottenere un monopolio degli affari loschi nella zona di competenza. Non solo estorsioni, ma anche sfruttamento della prostituzione, tratta dell’immigrazione clandestina e droga. In più la squadra mobile indaga su un altro filone: il traffico di armi. L’operazione denominata «On the road», che ha portato a dieci arresti tra ucraini e locali, ha svelato anche traffici dall’est Europa alla Calabria che venivano sottoposti a «tassa».

I trasporti da e per l’Ucraina dovevano sostare in alcuni punti controllati dai malavitosi, una sorta di caselli doganali, dove il carico veniva ispezionato dai «funzionari» mafiosi. E a seconda del carico, gli autisti dovevano pagare 100-200 euro.

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