I legali dell’ex marito: «Prove lo scagionano»

Ci sarebbero ben 9 elementi che escluderebbero la responsabilità di Gaetano Tripodi nell’uccisione dell’ex moglie Patrizia Silvestri, la donna trovata decapitata, a Roma, all’alba del 3 maggio. Almeno secondo i legali dell’uomo, ora rinchiuso in carcere con l’accusa di omicidio, che hanno dato mandato a un investigatore privato per dimostrarli. Tra questi, il mancato rinvenimento di una qualsiasi traccia di sangue all’interno del camion dell’uomo. «Si ritiene erroneamente provata - dicono i penalisti Principato e Mancuso - la responsabilità dell’indagato sulla base di una compatibilità genetica presente su un mozzicone di sigaretta, nonché sulla base di una ricostruzione del tragitto da lui compiuto a bordo del suo camion la sera del delitto. Ma all’interno della cabina dell’automezzo - sostengono - non è stata trovata alcuna traccia di sostanza ematica, anche in quantità minimale, riconducibile alla vittima o al suo presunto aggressore.

Eppure, si afferma che l’indagato si sarebbe recato ad uccidere Patrizia Silvestri col proprio automezzo, sul quale sarebbe quindi risalito a mezzanotte e dieci, appena commesso un crimine che sarebbe stato collocato tra mezzanotte e le tre di notte».

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