Cronaca locale

I MADREDEUS Dai vicoli di Lisbona alla gloria delle star

Il tempo del fado è passato: le note delle chitarre acustiche adesso si fondono con le sonorità di tastiere e sintetizzatori

Matthias Pfaender

Si terrà questa sera sul palcoscenico del Teatro Dal Verme, con il concerto del gruppo «errante» portoghese Madredeus, uno dei momenti più attesi de La Milanesiana, la manifestazione ideata e diretta da Elisabetta Sgarbi.
Dal fado (musica popolare portoghese) delle prime registrazioni alle sonorità moderne di oggi, in cui le note delle chitarre acustiche si fondono con le sonorità di tastiere e sintetizzatori, i Madredeus, nati dai vicoli di Lisbona per raggiungere, nell’arco di una ventennale carriera, fama internazionale, sono oggi gli alfieri della musica portoghese. «Ma solo per quel che riguarda i testi e la poetica dei nostri brani, non per la musica, che si è da tempo distaccata dai canoni del fado tradizionale», sottolinea Pedro Aires Ferreira de Almeida Gonçalves Magalhães, chitarrista dei Madredeus ed autore di molte delle loro canzoni.
Tornate a Milano quasi vent’anni dopo il vostro primo concerto in Italia. Cosa è cambiato in questo periodo tra voi e il pubblico?
«Tutto e niente. Vent’anni sono un periodo molto lungo nella vita di un uomo, e da questo punto di vista posso dire che molto è cambiato, prima di tutto in noi stessi. Quando nel 1987 abbiamo suonato per la prima volta in Italia, eravamo del tutto sconosciuti, e portavamo in giro per i palchi sonorità nuove. Suscitavamo stupore. Ora non è più così. Siamo delle “star”, qualunque cosa questo termine significhi, e troviamo ad accoglierci pubblici preparati; soprattutto al silenzio».
Già, siete famosi per il fatto che volete esibirvi nel silenzio totale. Perché?
«È dovuto al nostro retroterra culturale. Anche se non facciamo fado puro, proveniamo da quella cultura; a Lisbona, anche nella festa più sfrenata, se una donna intona un fado, tutti tacciono. È una sorta di ripetto formale, che collide però anche con necessità artistiche».
Quali?
«Torna in gioco di nuovo la nostra provenienza geografica. Il Portogallo è una terra di mare, e noi cerchiamo, attraverso i suoni, di ricreare l’atmosfera marina, in cui tutti gli animali si muovono all’unisono, in armonia, secondo i ritmi delle correnti. Per ricreare queste sensazioni, utilizziamo il suono prodotto dalle dita che toccano le corde degli strumenti. Molti musicisti cercano di eliminare questo “rumore” che per noi è così importante, mettendo magari i microfoni a due metri dalle casse acustiche delle chitarre. Noi, al contrario, cerchiamo di accentuare questi suoni. Che necessitano appunto di silenzio».
Una volta lei ha detto che le tematiche principali dei testi dei Madredeus sono il mare, l’amore e la saudade. Ora, un italiano sa cosa sono le prime due...
«La saudade è uno stato dell’animo che tutti gli uomini provano, a prescidere da dove vivono. Semplicemente, noi portoghesi abbiamo trovato un nome specifico per questo sentimento. Detto in parole povere, la saudade è “la gioia di essere tristi”».
Con Um Amor Infinito avete voluto celebrare Lisbona come mai prima.
«Esatto. Un paio di anni fa ci siamo resi conto che, su oltre novanta canzoni prodotte in vent’anni di carriera, solo in una era presente la parola Lisbona. Ci siamo resi conto che la nostra città meritava molto di più, meritava di essere espressamente celebrata. Da questa esigenza è nato Um amor Infinito, un ringraziamento verso i quartieri ed i vicoli che ci hanno visto crescere».



Madredeus, La Milanesiana, Teatro Dal Verme, via San Giovanni sul Muro 2, info. 02-87905, ore 21, ingresso 10 euro

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