Roma - Ottobre 2010. Diario di un Paese anormale, l’Italia. Il Giornale cerca di fare il proprio mestiere, cioè inchieste, e viene tacciato di «dossieraggio », di «killeraggio». La Procura di Napoli, tramite intercettazioni, formalizza le accuse al direttore e al vicedirettore: violenza privata. L’inviato di punta di Repubblica lo descrive come «macchina dei falsi al servizio di Berlusconi». Sondaggio di SkyTg24: per il 61% la «perquisizione preventiva» nella nostra redazione era giusta. In questo Paese anormale, oltre a quella di via Negri, esistono ancora due voci del giornalismo indipendente che hanno cercato di spiegare che l’anomalia non è Il Giornale , ma chi lo attacca solo perché canta fuori dal coro. Sono voci autorevoli di due maestri del giornalismo, Piero Ostellino e Giampaolo Pansa, che hanno sperimentato sulla propria pelle cosa significhi non essere allineati.
Ieri, nascosto a pagina 36 del Corriere , è stato pubblicato un editoriale molto arguto dell’ex numero uno di Via Solferino. «Gli italiani interpellati da Sky non si indignano» ma rispondono che «la magistratura ha fatto bene », ha attaccato Ostellino deducendone che è questa «la differenza fra un Paese normale e un Paese anormale, per non dire fra uno civile e l’altro incivile. Insomma, che, piaccia o no, con la testa - la camicia l’abbiamo cambiata (e più volte) - siamo ancora fermi al ’22». Non meno tenero è stato con il presidente di Confindustria Marcegaglia (e forse per questo è stato confinato a pagina 36). «In un Paese normale -ha aggiunto-avrebbe aspettato che uscisse l’inchiesta e poi, se le fosse parsa lesiva, avrebbe querelato il giornale e atteso fiduciosamente la sentenza ».
Il paradosso è un altro: in un Paese anormale anche i paladini del libero mercato ragionano comeapparatchik .«Da noi, invece, la presidentessa di Confindustria non ha telefonato al direttore ma al presidente di Mediaset, Fedele Confalonieri (cosa, peraltro, usuale in un Paese anormale), per sapere come stavano le cose, e confessato a magistrati molto “ricettivi” allo scandalismodì sentirsi minacciata da una (supposta) inchiesta giornalistica. Cose da pazzi». Il commentatore, a questo punto, sa di avere varcato unalinea di confine. «Non vorrei essere convocato da qualche Procura come “giornalista liberale” (ahi) che commenta i fatti sottolineandone (ahi) lasurrealtà», ha scritto aggiungendo che, come ha scritto Antonio Polito sulRiformista ,«quando la privacy è quella dei giornalisti, si chiama libertà di stampa».
Anzi, s’è schermito. Conscio che in un Paese anormale c’è chi non ha mai smesso di essere fascista: «Cito un giornale di sinistra per cercare di mettermi (temo vanamente) al riparo - liberale sì, fesso no - dall’accusa di difendere Feltri o, peggio, Berlusconi », ha precisato. Alla sintesi si arriva presto: «Se le parole di Porro sono un tentativo di “violenza privata”;la telefonata della Marcegaglia a Confalonieriè un tentativo di impedire alla libera stampa di fare il proprio mestiere. Siamo ancora “nella normalità di un Paese anormale” ( diciamo corporativo) non nella società criminale del Caimano ». Il «moralismo a senso (politico) unico» di altri giornali non è giornalismo. Giampaolo Pansa, cronista di razza, domenica scorsa proprio sulRiformista ha ricordatoi tempi dello scandalo Lockheed da lui investigato sul Corriere .In quegli anni l’inchiesta era un «traguardo glorioso » e «aRepubblicala pensavanello stesso modo Eugenio Scalfari».
Oggi, invece, «qualunque inchiesta giornalistica sfiori un potente diventa subito un dossier » e gli autori «killer». Pansa ha individuato uno dei responsabili della nuova moda. Il merito, ha aggiunto, «è soprattutto di Italo Bocchino ». Il fido brigadiere finiano «come tutti i ras della casta partitica » preferisce il “pompieraggio” », ossia «l’arte di spegnere con getti d’acqua gelida qualsiasi notizia in grado di infastidire un leader e al tempo stesso pomparne l’immagine illibata». Questo è ciò che è avvenuto «per la storiaccia della casa di Montecarlo, del cognato intraprendente, dei favoriottenuti dalla Rai». Il Giornale di Vittorio Feltri e Liberodi Maurizio Belpietro hanno una colpa grave: «Sono andati avanti per la loro strada suscitando la desolata irritazione dei media che da sempre combattono Berlusconi con le stesse armi, con campagne giornalistiche protratte per settimane». Ecco,Il Giornaleè vittima della paranoia antiberlusconiana di un Paese anormale. «Se l’obiettivo è il maledetto Berlusca- ha concluso - tutto è lecito. Se invece sotto tiro stanno gli oppositori del premier, allora devono entrare in scena i pompieri».
Dalle reazioni di Confindustria Pansa s’è fatto due convincimenti. Il primo è che Emma Marcegaglia, a differenza dell’illustre predecessore Angelo Costa («un vero duro»), «non s’è accorta di maneggiare un boomerang: temeva un dossier e l’ha avuto subito, dalFatto Quotidiano». Il secondo è la «morale della favola».
Meglio lasciar stare i giornali perché «stampare notizie sgradite ai potenti è il loro compito». Del resto «il clima cattivo non è colpa della stampa, ma dei violenti che la minacciano, anche nelle persone dei giornalisti ». Chissà se a Largo Fochetti fischieranno le orecchie a qualcuno.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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