«I maniaci dell’opera hanno rovinato il Carlo Felice»

«Genova come Broadway»: così i quotidiani riportavano nei loro titoli di testa l’entusiasmo di Carlo Repetti (all’epoca assessore allo Spettacolo) e «Finalmente Genova avrà uno spazio polivalente per la musica e lo spettacolo». Il Carlo Felice: «un teatro per la città e tutti i cittadini» incalzava, sempre attraverso i titoli roboanti dei giornali, Fabio Morchio (assessore comunale con delega alla ricostruzione del Teatro e dello Stadio di Italia '90). Eravamo in un periodo di grandi inaugurazioni. L'età dell'oro in cui nascevano il nuovo Carlo Felice, il nuovo Palazzo Ducale e in cui dulcis in fundo era stato appena rifatto perfino lo stadio di calcio a Marassi.
E ironia della sorte queste due strutture ritornano prepotentemente alla ribalta a distanza di quasi venti anni. Tutte e due insieme appassionatamente.
Da quei giorni di Broadway non si è sentito il profumo o la puzza e neppure il rumore neanche da lontano. E dello spazio polivalente si è persa subito la traccia già nella convenzione con cui il Comune di Genova dava in concessione la struttura all’E.A. Teatro Comunale dell’Opera. Salvo inserire in extremis la clausola: il Comune ha diritto all’utilizzo della sala per altre attività, nel rispetto della regolare programmazione.

Diritto quasi mai utilizzato in questi 17 anni, quasi a sottolineare un paragrafo della convenzione attaccato lì con lo sputo: basta procurarsi il documento originale per crederci.
Affronto questo tema e «sparo» la mia denuncia per mostrare al lettore una fotografia che a vario titolo gli intellettuali, (...)

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