Politica

I Matarrese all’attacco: vogliono 570 milioni

Sono i grandi sconfitti e sperano nel risarcimento

nostro inviato a Bari

Dei grandi sconfitti, cioè i fratelli Matarrese, ieri non ce n'era uno che fosse in città. Tutti fuori Bari, alla larga dalle macerie, a meditare sulle prossime mosse. Per loro, non tutto è andato perduto con la clamorosa demolizione. I costruttori di Punta Perotti (oltre ai Matarrese, anche le imprese Andidero e Quistelli) hanno lottato fino all'ultimo disperatamente per difendere il complesso. A loro favore gioca una circostanza incredibile: i giudici hanno sentenziato che i tre edifici sono irregolari, ma i responsabili dell'abuso sono sconosciuti. I costruttori sono stati processati e assolti con sentenza definitiva perché possedevano concessioni regolari, mentre amministratori e funzionari pubblici non sono stati neppure sfiorati dalle inchieste.
Situazione kafkiana: illegittimità senza colpevoli. Così, le imprese sfidano il comune di Bari mettendosi nei panni dei danneggiati e chiedendo un risarcimento stratosferico: 570 milioni di euro, in lire farebbero oltre 1.100 miliardi. Chi pagherà se gli edificatori dovessero vincere quest'ultima causa? Il comune? Lo stato? Gli ex amministratori? I contribuenti? È la domanda che più preoccupava gli spettatori di Punta Perotti.
Le premesse non sono favorevoli per Matarrese e soci. Di fronte hanno una magistratura strabica, che demolisce l'ecomostro pur lavorando in un palazzo di giustizia (gli uffici baresi di via Nazariantz) semiabusivo. Giudici a due velocità: acceleratore a tavoletta contro Punta Perotti, fino a convocare riunioni straordinarie il sabato mattina e prendere decisioni rapidissime pur di giungere alla demolizione di ieri, mentre gioielli sfigurati come i teatri Petruzzelli e Margherita cadono in rovina.
La Cassazione ha addirittura sancito un nuovo principio giuridico, un'eccezione alla regola secondo cui la legge non ammette ignoranza: la mancata conoscenza può essere giustificata dall'oscurità delle prescrizioni urbanistiche. In più, il sindaco Michele Emiliano è un magistrato, sia pure in aspettativa. E quando mai si è visto un giudice dare torto a un collega?
Ma i costruttori terranno duro. Le concessioni edilizie sono regolari, firmate da sindaci di sinistra: la lottizzazione di Punta Perotti fu adottata nel 1990, sindaco Franco De Lucia (Psi) e approvata nel 1992, sindaco Daniela Mazzucca (sempre Psi). I 13 piani di sconcezza vennero edificati in pochi anni. La magistratura si mosse nel '96, con i lavori a metà e mai più ripresi. Scoppiò la guerra dei ricorsi e delle sentenze, dei sequestri e dei dissequestri, con gli ambientalisti che fecero di Punta Perotti un cavallo di battaglia. Nel 1999 gli imputati vennero assolti ma il complesso fu considerato abusivo (sorge a meno di 300 metri dal mare), confiscato e assegnato al comune. Di corsa verso la demolizione, anche se negli ultimi tempi si è ingrossato il partito che avrebbe preferito un recupero degli immobili a scopi sociali, o almeno una demolizione parziale. Tutto inutile.
Ieri il sindaco ha detto che l'abbattimento non è un successo, «ho provato dolore perché quando qualcosa va giù è sempre triste». Soldi, fatica, lavoro, speranze finiscono tra la polvere e i detriti. Francesco Pantaleo cedette a Matarrese un terreno di 2000 metri quadrati in cambio di tre appartamenti. «Non ho gli alloggi, non ho il terreno, ho soltanto speso soldi per notai e avvocati», raccontava ieri. Parecchie case erano già state vendute, di recente un tribunale ha riconosciuto il diritto degli acquirenti a essere risarciti. Da chi? I costruttori puntano a incassare 570 milioni di euro. Ma Emiliano è furbo: «Se i Matarrese rinunceranno all'azione legale potrebbero entrare nella futura società di trasformazione urbana per riqualificare Punta Perotti. Se invece dovessimo perdere la causa, venderemo i terreni avuti in regalo dalla Cassazione».

Con tanti saluti al signor Pantaleo e ai poveri cristi come lui.

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