Per i medici mobilità senz’appello

Antonella Aldrighetti

Dal «cilindro» dei progetti messi in cantiere dalla giunta Marrazzo e volti a riordinare le politiche sanitarie ogni giorno spunta qualche nuovo rimedio. E questo perché quel maxiprovvedimento che avrebbe dovuto contenere il piano di rientro del deficit intanto ha prodotto per certo l’incremento della pressione fiscale da un lato e la limitazione dell’offerta sanitaria dall’altro. Quanto alle risorse invece i conti tornano poco e comunque non abbastanza. E come se non bastasse, ecco che per ritratteggiare l’attività gestionale del «pianeta sanità» aumenta la burocrazia operativa: non bastano dipartimenti e direzioni già inquadrati nella piramide operativa come Agenzia di sanità pubblica, Agenzia per i servizi sanitari regionali e la cabina di regia voluta espressamente dal governatore Piero Marrazzo ma serve di più. E lo dice proprio lo stesso ex telegiornalista di RaiTre proponendo prima gli Stati generali della sanità e poi una commissione speciale Sanità che si vada ad occupare dell’intera trasformazione del settore. Il problema è che si accettano scommesse su ciò che verrà fuori anche se c’è qualche voce che dall’opposizione una mezza idea ce l’avrebbe. Ed ecco che si ritorna a parlare del «fantomatico» piano come lo chiama l’azzurro Stefano De Lillo «di cui serve - spiega - un’analisi attenta visto che, la relazione di qualche giorno fa presentata dall’assessore alla Sanità Augusto Battaglia, dà molto da pensare. Il centrosinistra parla di un cronoprogramma presentato al governo e ai sindacati. In realtà non se ne sa nulla, se non che prevede solo la eliminazione dei posti letto, ma senza sapere quali e dove». Ma dal vicepresidente della stessa commissione Sanità arriva pure una provocazione: «Parlare di semplice eliminazione di posti letto non dice niente, perché l’eliminazione pura e semplice senza la chiusura degli ospedali non riduce affatto le spese. Se la Giunta vuole ottenere una riduzione della spesa, deve quindi chiudere ospedali. Ma quali? - è l’interrogativo che si pone De Lillo - Alle richieste dell’opposizione ha risposto il silenzio, che equivale allo scontro. Ma aver voluto andare allo scontro con l’opposizione pur di non far sapere dove intende chiudere gli ospedali determinerà soltanto la rivolta sociale di quei territori in cui gli ospedali verranno chiusi. La verità è che col centrosinistra al governo del Lazio ci saranno più tasse e meno servizi». Ed è sullo sfoltimento dell’offerta ospedaliera che si gioca un’altra partita: quella del personale e cioè medici e infermieri che, semmai venissero decimati i nosocomi verrebbero messi in mobilità senza appello. Eppure fino a oggi, la giunta ulivista non ha proferito accenni in merito tant’è che qualche sindacato avanza, all’ex teledifensore civico, richieste di chiarezza e trasparenza d’intenti. Vale a dire che «sulla rete ambulatoriale e su quella ospedaliera serve che, il progetto di riorganizzazione venga illustrato in modo puntuale e definitivo, invece fino a oggi - sostiene il segretario regionale della Fials Confsal Gianni Romano - il presidente del Lazio e l’assessore alla Sanità hanno messo nero su bianco solo i tagli che opereranno su farmaceutica, diagnostica specialistica e posti letto».

Niente di rassicurante neppure da «radio corsia» che comincia a fare i nomi di quelle strutture che potrebbero subire poderose modificazioni. «Gli ospedali del centro città - incalza il sindacalista - potrebbero dover affrontare qualche soppressione di reparto: girano voci sul San Giacomo e sul Nuovo Regina Margherita».

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