I mega evasori? Gli industriali e il Sud

Studio di Contribuenti.it: da banche e grandi società mega truffe al fisco. Più virtuosi commercianti e professionisti

da Milano
Per ogni 100 euro guadagnati in Italia, 48 non vengono dichiarati al Fisco. Il risultato di un’indagine dell’associazione Contribuenti.it, su un campione di 1.500 tra persone fisiche e società, a prima vista non segnala nulla di nuovo. Solo l’ennesima conferma: siamo il Paese a più alto tasso di evasione fiscale d’Europa. Ma spulciando i dati incrociati di cartelle fiscali e interviste anonime, la sorpresa arriva. E grossa. L’evasore tipo non è il piccolo imprenditore del Nordest, non è l’avvocato di grido e nemmeno il fruttivendolo sotto casa. Sono le grandi società, le multinazionali che hanno sedi-zattera in arcipelaghi da sogno ma poi fanno business soltanto nella vecchia Penisola. Industrie «pesanti» e hi-tech, istituti di credito e società assicurative. Producono acciaio o microtecnologie, offrono prestiti o fondi di investimento. In comune hanno soltanto un vizio: pagare meno tasse possibile. O, meglio ancora, non pagarle del tutto.
Così è spartita la «torta» dell’evasione, secondo lo studio della combattiva lobby di chi le tasse le paga davvero: al primo posto ci sono gli industriali, responsabili del 32% delle mancate entrate dello Stato. Al secondo, banche e assicurazioni: il 28% del totale dell’evasione fiscale in Italia è «merito» loro. Solo più giù le categorie tradizionalmente sotto accusa: commercianti (12%), artigiani (11%), professionisti (9%). E il restante 8% è riconducibile direttamente alla fascia di lavoratori al di sopra di ogni sospetto: i dipendenti.
Un altro luogo comune viene smentito dalla mappa «territoriale» dell’evasione: la maggior parte è concentrata nel Sud (34,5% del totale nazionale), seguita dal Nordovest (26,5%) e dal Centro (20,1%), mentre il Nordest - spesso accusato per le «fabbrichette nascoste nei garage» e il lavoro nero - è in realtà l’area più virtuosa (18,9%).
Di ristoranti e botteghe che non fanno scontrini, certo, ce ne sono ancora parecchi. Basta andare in Versilia, dove l’altro ieri la Guardia di finanza ha visitato 74 stabilimenti balneari: 37, esattamente la metà, sono risultati irregolari. Oppure passare una domenica a Porto Cervo: 500 euro per l’affitto giornaliero di un gommone, 50 euro per sdraio&ombrellone, 10 euro per un caffè in piazzetta. Tasse pagate dagli esercenti? Zero, hanno scoperto i carabinieri sardi, impegnati pure a ferragosto nell’operazione «Scontrino bollente».
Eppure, spiega Vittorio Carlomagno, presidente di Contribuenti.it e docente universitario di diritto tributario a Napoli e a Palermo, «i principali responsabili dell’evasione record non sono bottegai e idraulici, ma le gradi società di capitali». Un dato? Il 52% delle società ogni anno chiude il bilancio in negativo, o esattamente in pareggio. E un altro 26% dichiara meno di 10mila euro di attivo. «In pratica, il 78% delle cosiddette “persone giuridiche” ogni anno dovrebbe passare a miglior vita. Cioè andare in fallimento».
Resta un ultimo dubbio: ma come è andata davvero la lotta all’evasione fiscale di Visco e Bersani? «Il gettito delle persone fisiche è leggermente aumentato - rivela Carlomagno -. Ma quello delle grandi società è crollato.

Se al posto di mettere in piazza i redditi degli italiani, Visco avesse detto agli italiani quante tasse pagano davvero le banche, ne avremmo viste delle belle». Che fare, allora? «La ricetta è semplice: semplificare. Meno tasse, ma più difficili da evadere. Anche per le grandi holding».

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