I meridionali si diano da fare e si ribellino contro i mafiosi

Caro direttore,
ho apprezzato molto i suoi due ultimi articoli sulla vicenda di Rosarno. C’è bisogno di uno Stato che ponga fine (senza se e senza ma) all’immigrazione clandestina. D’altro canto, una volta in Italia, agli immigrati bisogna garantire un lavoro, un alloggio e condizioni di vita accettabili. Se non è possibile, non si devono far entrare. Non possono essere sfruttati in questo modo e vivere come bestie. A Rosarno sono andati a unirsi diversi problemi, quello legato all’immigrazione selvaggia e quelli cronici del Mezzogiorno. Si devono condannare, nella maniera più assoluta, i neri che hanno messo a ferro e fuoco questa cittadina (non si possono accettare delle azioni così), ma dei calabresi e del «sistema Sud» ne vogliamo parlare? I nostri concittadini ormai sono assuefatti alla mafie locali e non si ribellano nemmeno più, se la situazione non va bene danno la colpa allo Stato, e perché non c’è lavoro e perché c’è povertà e perché, perché, perché...

Ma loro provano a migliorare questa situazione? Si rimboccano le maniche? O si lamentano e basta, aspettando che arrivi sempre l’aiuto? E non parlo solo della gente, ma anche degli amministratori locali: cosa fanno per la popolazione? I soldi che arrivano, come li utilizzano? Avrei un’ultima domanda: perché in Trentino (per la raccolta delle mele) e nel Mantovano (per la raccolta di meloni e angurie) gli stranieri hanno un regolare permesso di soggiorno e un contratto di lavoro, mentre al Sud questo non accade?

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