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Tra i migliori articoli c’è il ricordo di Pennacchi

Leggi un giornale, c’è un articolo che ti piace, pensi di ritagliarlo e conservarlo, ma poi ti dimentichi e non lo fai. L’ha fatto per fortuna Nicola Graziani, che nel libro Un anno in prima pagina, (Nutrimenti, pagg. 190, euro 13) ha raccolto e messo insieme i 40 migliori pezzi che raccontano l’Italia tra il 2009 e il 2010. Due sono usciti sul Giornale: «Il Grande Bamba, una storia sportiva» di Vittorio Feltri, e «Il principe contadino» di Massimiliano Scafi, un ricordo del nostro Gianni Pennacchi. Ecco un passaggio di questo secondo pezzo, scritto per commemorare il cronista del Giornale nel giorno della morte: «Gianni ma che hai nel sangue? Come hai fatto a trasformare in lacrime e umanità tutto il tuo inchiostro? Un maestro, dicono altri. Sbagliato anche questo: nessuno ce la farà a seguirti, la tua lezione andrà perduta. Dove lo trovi un altro anarchico totale, gruppettaro, con la schiena così dritta, capace di sbeffeggiare sempre qualunque potere e qualunque governo? Guardo la foto qua sopra. Bello come il sole, altro che Scamarcio in quella tua pallida imitazione. Confessa, nei hai fatte tante, vero, prima di riversare il tuo amore sulle tue donne, Anna, Barbara e Larisa. Sembri un tronista, invece sei un Cronista con la C maiuscola, come non se ne fanno più. A Gia’, ti ricordi come hai risposto a quel collega spocchioso che voleva essere pubblicato solo in corsivo? “Impossibile, tu sai scrivere solo in tondo”».
Dodici mesi frenetici, un anno di svolta in cui è successo di tutto. Dalla crisi finanziaria internazionale alla crisi politica del centrodestra. Dall’aggressione a Silvio Berlusconi in piazza Duomo a Milano agli scandali sessuali del Palazzo e della Chiesa. Dai boat people nel Canale di Sicilia al terremoto in Abruzzo. Dai grandi delitti ai reportage dagli Usa, dall’Asia e dal Sudamerica.

Tante le firme: Zucconi, Mo, Valli, Gramellini, Folli, Merlo, Stella. Si dice il giornalismo sia finito e che la carta non abbia più nulla da dire. Eppure, attraverso questo libro, si ha la sensazione che si possa ancora ricostruire la storia in un Paese con poca memoria.

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