I ministri dell’Unione: sì ad aiuti di Stato e garanzia sui depositi

Il vertice Ecofin: copertura minima sui conti correnti a 50mila euro. Ogni Paese potrà rilevare le proprie banche in difficoltà. Non ci sarà il fondo comune d’intervento

I ministri dell’Unione:  sì ad aiuti di Stato e garanzia sui depositi

da Roma

«L’Europa c’è», dice Giulio Tremonti. A modo suo, ma c’è. E l’Ecofin di Lussemburgo certifica un orientamento tratteggiato nel vertice informale di Nizza. Solo che in Francia la sede non permetteva la possibilità di assumere decisioni. A Lussemburgo, riunito con il format ordinario, le decisioni sono arrivate.
Il consiglio dei ministri economici dell’Europa a 27 decide di agire su un doppio livello per fronteggiare la crisi finanziaria.
Da una parte si concentra sui singoli risparmiatori, aumentando a 50mila euro la copertura statale sui depositi, lasciando però ai singoli Stati la possibilità di superare il tetto (in Italia la garanzia pubblica è di 103mila euro, Austria, Belgio e Spagna l’hanno portata a 100mila euro). Dall’altra, dà libertà ad ogni singolo Stato membro di acquisire la proprietà delle banche in difficoltà.
Insomma, senza dirlo ai quattro venti, l’Ecofin accantona nei fatti due principi di rigidità del sistema europeo: il controllo sugli aiuti di Stato (ogni Paese si potrà salvare le proprie banche in difficoltà, senza che questo intervento venga interpretato come “lesivo” della concorrenza); il rispetto del Patto di stabilità.
Perché è ovvio che se uno Stato deve acquisire il controllo di una banca privata (e il commissario Almunia prevede «casi difficili»), dovrà aumentare il proprio debito; quindi, pagherà una maggiore spesa per interessi che finirà per appesantire sia il deficit sia il fabbisogno. Con un particolare. Ognuno aumenterà il proprio debito singolarmente (ogni Paese si salva le sue banche), invece di creare un fondo europeo di intervento. Soluzione sponsorizzata da Francia e Olanda, e alla quale l’Italia era favorevole.
Sulla carta la deroga più importante riguarda la possibilità di salvataggi pubblici delle banche private. Ma questa deroga si traduce in un utilizzo ampio della flessibilità concessa dal Patto di stabilità: il cui obbiettivo di fondo è quello di puntare al pareggio di bilancio al 2010. Un principio che sembra essere stato rimosso dall’Ecofin di Lussemburgo. D’altra parte, il “nuovo” Patto di stabilità prevede deroghe al rispetto del pareggio di bilancio. Scattano nei casi di congiuntura negativa (il cosiddetto bad time). Ora, la crisi finanziaria si è innescata su un rallentamento ciclico dell’economia, non solo europea, ma globale. Ne consegue che la flessibilità concessa dal Patto viene sfruttata al massimo. E anche oltre.
«Una cosa è certa - commenta Christine Lagarde, ministro delle Finanze francese, e presidente di turno dell’Ecofin - in Europa non tollereremo un caso Lehman». Da qui, l’apertura del doppio paracadute sull’eliminazione dei vincoli di aiuti di Stato e con la possibilità di allentare il rigore finanziario del Patto di stabilità.
In questa “prova generale” di strategia economica condivisa, anche la Bce farà la sua parte.

Per esempio, garantendo la liquidità necessaria al sistema (d’intesa con le altre banche centrali).
Infine, il documento finale dell’Ecofin prevede anche che venga messo uno stop alla pratica delle liquidazioni miliardarie per i manager delle banche che vengono nazionalizzate.

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