I nemici di Israele? Non la Chiesa ma l’odio islamico e chi lo tollera

Non ci può essere un modo migliore di celebrare Yom ha Shoah, il giorno della Shoah, ricordato ieri in Israele con una serie infinita di memorie personali trasmesse senza sosta da radio e giornali, che guardando la realtà odierna negli occhi.
Realtà nuova e orribile, fotografata nell’ultimo lavoro del maggiore studioso dell’antisemitismo Robert Wistrich quando avverte: la realtà in cui viviamo può portare a una nuova Shoah. Ma attenzione: il pericolo nuovo contenuto nell’antisemitismo contemporaneo non è quello, per quanto ripugnante, delle parole del Vescovo Giacomo Babini. È vero: la Chiesa per gli ebrei è stata per secoli, persino per millenni non certo l’oggetto di un attacco da parte degli ebrei come «nemici naturali»; «deicidi» come lui li definisce, contro ogni decisione conciliare, ma, all’opposto, una vittima «naturale».
La Chiesa ha fatto una enorme fatica a uscire dalla condizione di nemica degli ebrei in quanto essi sono i fondatori del monoteismo, i genitori di Gesù Cristo: l’ansia di occupare il ruolo di «vera Israel» al posto del giudaismo ne ha fatto i «nemici naturali» della Chiesa, che li ha perseguitati. Ciò è costato roghi, espulsioni, conversioni forzate. Ma nel tempo, e con grande accelerazione negli ultimi decenni, le cose sono cambiate, basta pensare all’azione di Giovanni Paolo. Ma lasciamo ai cristiani di buona volontà ripercorrere quella strada per insegnare al loro fratello Babini dove affrettarsi per raggiungere Benedetto XVI in Sinagoga o Giovanni Paolo II davanti al Muro del Pianto. A loro anche darsi da fare per battere le sacche di stupidità cospirazionista antisemita che permane in alcuni ambienti europei. Se passiamo ai problemi davvero seri dell’antisemitismo odierno, essi non sono quelli posti da Babini.
Ieri nel giorno della Shoah, in cui ogni cittadino israeliano si immobilizza mentre la sirena crea un legame fisico, fatto di vita vibrante, fra la gente per strada e le donne, gli uomini e i bambini uccisi dai nazisti, Shimon Peres, Benjamin Netanyahu e Nathan Sharansky hanno tenuto discorsi spietati, senza precedenti in cui si esponeva una presa di posizione nuova e terrificante: il popolo ebraico rischia di nuovo lo sterminio, e il mondo è cieco proprio come lo fu alla vigilia della Shoah. Il solito «never again» è una frase fatta, una medaglia auto conferita alla correttezza politica, l’attacco all’antisemitismo della Chiesa una medaglia al valore del proprio liberalismo antirazzista; come ha detto Peres la verità è che «le orecchie dell’Onu sono state riempite da minacce di sterminio proferite da un Paese membro. Le armi di distruzione di massa sono nelle mani di chi ne è capace e intorno mille voci incoraggiano questa distruzione».
E Netanyahu, con una nuance politica ancora più preoccupante: «Siamo testimoni di una nuova e antica fiammata di odio rinfocolata da organizzazioni e regimi estremisti islamici... Eppure a fronte delle continue chiamate a cancellare Israele dalla faccia della terra, vediamo al massimo morbide proteste, per altro sempre più tenui. Il mondo accetta le promesse di annichilimento dell’Iran, e non scorgiamo nessuna determinazione, nel mondo, a prevenire l’Iran dall’armarsi...».
Nuovi dati fanno da specchio alla situazione descritta ieri: nel 2009, il mondo ha visto il moltiplicarsi degli attacchi antisemiti fino a duemila in un anno. Nella civilissima Europa ragazze con la stella di David al collo o giovani con la kippà sono stati inseguiti per le strade. L’antisemitismo ha permesso il boicottaggio economico e la discriminazione nelle università. Il fenomeno si accentua durante la guerra di Israele in risposta ai missili di Hamas, nel 2009. In Inghilterra ci sono stati 374 attacchi antisemiti violenti contro i 112 del 2008, in Francia 195 contro 50. 566 incidenti di vandalismo hanno preso di mira proprietà ebraiche. È facile notare che Inghilterra e Francia contano le comunità islamiche più grandi e organizzate. È difficile anche dimenticare che nella Svezia multiculturale il giornale Aftonbladet ha scritto che i soldati israeliani rubano gli organi dei palestinesi per venderli. A Malmo la squadra di tennis israeliana ha dovuto giocare a stadio vuoto mentre fuori la folla attaccava la polizia. In Turchia un serial televisivo ha fantasticato sulla crudeltà dei soldati israeliani tanto che persino le prigioniere palestinesi hanno protestato. Il consiglio per i diritti umani in cui l’Iran sta adesso cercando di fare il suo ingresso come membro, ha dedicato su 31 risoluzioni di condanna, 27 a Israele. L’aria del tempo è avvelenata.
L’antisemitismo, secondo tutti gli studiosi, oggi è direttamente legato all’antisionismo. Lo studioso Robert Wistrich è molto chiaro nel denunciare una situazione completamente nuova: «Il mondo ha goduto di una vacanza per un certo periodo, a seguito della Shoah.

Forse questa è la prima volta che un pericolo esistenziale basilare emana specialmente dal presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad e dall’incitamento alla completa distruzione degli ebrei che risuona ogni giorno sui media, in moschea, nelle piazze. Ma colpisce più di tutto che 64 anni dopo Auschwitz l’antisemitismo sia di nuovo circondato dalle stessa indifferenza che rese possibile la Shoah».

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