Per i nomadi abbiamo speso 3 milioni l’anno

Sono i Villaggi della Solidarietà, così li battezzò l’ex sindaco Walter Veltroni, e a Roma rappresentano grandi accampamenti attrezzati per i nomadi. Tanta enfasi all’inizio, promesse e applausi da ogni parte (anche se Massimo Converso, presidente nazionale dell’Opera nomadi, si schierò contro quelle che definì “caserme fuori porta”) e tagli di nastro con foto-ricordo annesse. Oggi hanno costi di gestione non indifferenti e rappresentano una serie di punti interrogativi per la città e i romani.
Per la cronaca sono sette, dislocati in zone considerate nevralgiche e hanno un costo annuo di 3 milioni e 630mila euro, centesimo più o centesimo meno. Quello di via di Salone ospita 696 persone (serbi, bosniaci e romeni) e dispone di unità abitative mobili allacciate in fogna, dotate di corrente elettrica e acqua, oltre a quattro shaffer per la raccolta dei rifiuti (compresi quelli speciali), un campo sportivo, lo spazio bambini e un tendone per le attività comuni. Istituito nel 2006 ha due enti gestori e un costo mensile di 25.773 euro (308.803 euro l’anno) per il Consorzio di cooperazione sociale Alberto Bastiani e di 28mila euro al mese (336.000 l’anno) per la cooperativa sociale Bottega solidale. Da via di Salone a via dei Gordiani il passo è breve. Qui, al civico 362, nel villaggio attrezzato nel 2003, sono ospitati 190 nomadi provenienti dalla Serbia che dispongono di unità abitative mobili allacciate in fogna e dotate di corrente elettrica e acqua, oltre a due shaffer. Gestito dalle stesse cooperative del primo, ha un costo mensile di 14.400 euro per l’Alberto Bastiani e di 20mila per la Bottega solidale. Ci si sposta a Castel Romano per scoprire il villaggio di via Pontina, nel municipio XII. I 773 bosniaci (tutti provenienti da vicolo Savini) usufruiscono di unità abitative mobili allacciate in fogna e dotate di corrente elettrica e acqua oltre a quattro cassonetti shaffer. In questo caso l’ente gestore è la Cooperativa sociale Impegno per la promozione, il costo mensile è di 80mila euro, ovvero 960mila l’anno.
A via Luigi Candoni (municipio XV) sorge dal 2000 l’area che ospita 601 persone fra bosniaci e romeni. Attrezzata di nuovo nel 2004, dispone anch’essa di unità abitative mobili allacciate in fogna e dotate di corrente elettrica e acqua, oltre a due shaffer. Il costo? 15.485 euro al mese (oltre 180mila l’anno). L’ente gestore? L’associazione Arcisolidarietà Lazio onlus. Che amministra anche via Cesare Lombroso 91 (Santa Maria della Pietà, municipio XIX), location abitata da 150 bosniaci che dispongono di unità abitative mobili allacciate in fogna, dotate di corrente elettrica e acqua e quattro cassoni shaffer. Dodicimilacinquecento euro al mese è il costo, che porta il totale annuo a 150mila euro. Il camping Nomentano (via della Cesarina, 2) offre ospitalità a 204 fra bosniaci e romeni, che vivono all’interno di bungalow e roulotte con bagni, acqua e luce. Istituito nel 2003 in seguito allo sgombero del campo nomadi di via della Muratella, il villaggio-camping ha due enti gestori: il Fi.Pi.Da.Bi, che ha un costo mensile di 26mila e 400 euro (316.800 annui) e l’associazione Opera nomadi, con costo mensile di 12mila euro (144mila annui). Sipario sul camping River di via della Tenuta Piccirilli 207 (XX municipio).

Quattrocento gli ospiti, tutti romeni, un unico ente gestore, l’associazione Isola verde onlus, con 68mila euro di costo al mese (816mila annui). L’area, istituita nel 2004, dispone di prefabbricati, roulotte, unità abitative mobili, acqua, corrente elettrica, spazio bimbi e presidio sanitario.

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