I norvegesi: basta metodi soft contro il crimine

Ieri vertici nazionali e gente comune della Norvegia si sono raccolti dentro e fuori il Parlamento, per rendere omaggio alla «generazione di eroi» che ha reagito compostamente, e con tolleranza, alla duplice strage di Anders Behring Breivik sull’isola di Utoya (fucile in mano) e a Oslo (una bomba). Tuttavia, com’era prevedibile, due norvegesi su tre - secondo un sondaggio del quotidiano Verdens Gang - chiedono «pene più severe per i crimini gravi». Breivik, di fatto, rischia «solo» 21 anni, dopo che l’imputazione per «crimini contro l’umanità» ipotizzata dalla procura di Oslo è apparsa quasi impraticabile: pena troppo debole per il 65,5 per cento degli interpellati dal quotidiano (il 23,8 per cento, invece, ritiene che sia adeguata). Il ministro della Giustizia Knut Storberget ha accolto il sondaggio «senza sorpresa», ribadendo che «dobbiamo ascoltare, discutere, senza arrivare a conclusioni affrettate. È importante che la politica non si faccia condizionare da uno stato di panico». Intanto il Ramadan della comunità islamica norvegese (100mila membri) si è inaugurato «nel segno dei 77 morti».

Durante la manifestazione al Parlamento il premier Jens Stoltenberg (dei laburisti, partito multiculturalista in ascesa secondo i sondaggi), con accanto re Harald V e il principe ereditario Haakon, ha ringraziato il popolo norvegese «che si è mostrato responsabile quando ce n’era bisogno, che ha conservato la sua dignità» e ha parlato di una «generazione del 22 luglio» fatta «di eroi e di speranza», ma anche di un «prima e di un «dopo» Utoya.

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