I NOSTRI EROI IN GUERRA PER LA PACE

Le vittorie di Antica Babilonia: addestrati più di 9mila poliziotti, recuperati oltre duemila tesori archeologici, distribuite tonnellate di aiuti. E non è tutto

Fausto Biloslavo

da Nassirya

«Dicono che veniamo in Irak solo per soldi. Io ci sono tornato per i nostri caduti, per continuare la loro missione. Sono sopravvissuto alla strage di Nassirya del 2003, ma fra le macerie ho lasciato dei fratelli» raccontava poco più di un mese fa il maresciallo dei carabinieri Antonio Giordano. La sua compagnia, nome in codice Alfa, ha perso tre uomini nella strage dei tagliagole di Al Zarqawi. Ora il dolore della tragedia si rinnova con nuovi caduti: Carlo De Trizio, Franco Lattanzio e Nicola Ciardelli uccisi da una trappola esplosiva giovedì mattina. Dentro lo «scarafone», uno dei blindati come quello colpito dall’attentato siamo passati davanti all’ex Animal House, la base distrutta dall’attentato del 2003, dove gli iracheni stanno ricostruendo la camera di commercio. «Il 70-80% dei sopravvissuti della strage del 2003 sono tornati in missione in Irak» osserva Giordano, 43 anni, originario di Caserta al suo quarto turno con la missione Antica Babilonia.
Dal dicembre dello scorso anno prestava servizio ad An Nassiryah anche il maresciallo capo dell’Arma, Franco Lattanzio. Lo avevo incontrato al museo del capoluogo in occasione della consegna dei diplomi ad un gruppo di poliziotti iracheni, addestrati da Viper 2, la sua squadra di carabinieri. Schivo con la stampa aveva ceduto ad una fotografia assieme ad uno dei più giovani e gioviali diplomati. «A Franco continueremo sempre a voler bene. Era una persona disponibile, generosa, entusiasta e molto socievole con gli iracheni» racconta chi lo ha conosciuto in Irak. Da ragazzo ha perso entrambi i genitori in un incidente stradale e stava per laurearsi in Criminologia all’università di Siena.
I carabinieri come Lattanzio hanno recuperato 2000 tesori archeologici depredati, arrestato una cinquantina di tombaroli e addestrato 140 guardie irachene per difendere i siti, dove affiorano le vestigia del passato sumero e babilonese.
Povera, desolata e dimenticata da tutti, nella provincia di Dhi Qar non si respira il clima di guerra e terrorismo stragista del triangolo sunnita o di Bagdad. Fino a giovedì mattina questo lembo di terra desertica veniva considerata una delle più tranquille dell’intero paese. I soldati italiani sono sempre stati visti dalla popolazione come truppe più bonarie rispetto ai Rambo americani o agli algidi inglesi. Quando le pattuglie percorrono le solite quattro strade impolverate del capoluogo, An Nassiryah, c’è chi saluta calorosamente, soprattutto i bambini sempre alla caccia di una bottiglia d’acqua o qualche merendina.
Non sempre sono rose e fiori ed accoglienza a braccia aperte. In marzo frange di studenti, con la barbetta islamica d’ordinanza, hanno contestato i soldati italiani che distribuivano dei giornaletti sull’attività del contingente, all’ateneo di An Nassiryah. «Non possono entrare armati perché per noi l’università è come una moschea. I loro mezzi militari devono stare fuori e sarebbe meglio che non escano neppure dalla base, in quanto forze d’occupazione» hanno spiegato degli irati universitari aizzati da qualche professore influenzato dall’Iran.
Gli italiani non si perdono d’animo e vanno a distribuire aiuti umanitari proprio nella tana del lupo, come il polveroso villaggio di Haji Hussein, vicino al quale c’è una sede dei miliziani sciiti di Moqtada al Sadr, il piccolo Khomeini iracheno. La fazione più irriducibile ogni tanto ci spara addosso, forse infastidita dall’ottimo lavoro che la missione Antica Babilonia ha svolto nella ricostituzione delle forze di sicurezza irachene. Dal 2003 i carabinieri hanno insegnato i rudimenti del mestiere a 9210 poliziotti, mentre l’esercito italiano ha formato due battaglioni delle nuove forze armate per un totale di 1500 soldati.
In questo delicato settore lavorava il capitano della Folgore Nicola Ciardelli ucciso nell’attentato di giovedì. Suo zio, il colonnello Renato Perrotti, vicecomandante del contingente, fa da chioccia ai giornalisti nel deserto iracheno. Quando il sole batte a 35 gradi, viene considerata una giornata invernale. Nessuno sembra far caso al caldo e alla polvere fra i soldati iracheni che si addestrano a catturare terroristi, in una malandata base di reclute che fu di Saddam Hussein sotto lo sguardo vigile degli italiani. Il distintivo dell’unità che ha ricostituito l’ossatura della sicurezza di Dhi Qar è una scimitarra irachena assieme ad un gladio dell’antica Roma.


Ciardelli il giorno che è saltato in aria stava recandosi al Pjoc, il nome della centrale operativa della polizia irachena ad An Nassiryah. Oggi suo zio accompagnerà la salma in patria, per l’ultimo viaggio del nipote parà che lascia un bimbo di due mesi, nata poco prima della sua partenza per l’Irak.

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