«I nostri Oscar? Li abbiamo messi in bagno»

Intervista alla coppia più militante del cinema

Pedro Armocida

da Mar del Plata

La differenza d'età non è mai stata un problema per una delle più longeve e unite coppie di attori di Hollywood. Susan Sarandon, 59 anni, e Tim Robbins, 12 di meno, sono legati da 18 ma non sposati, due figli ora adolescenti, un film insieme (Dead Man Walking, lui regista e lei interprete) e una grande complicità, soprattutto politica di convinti democratici. Aspetto, quest'ultimo, che li ha resi un po' prevedibili perché dovunque vadano è tutto un parlare male di Bush con battutine e ammiccamenti tipici dell'armamentario da intellettuali radical-chic. Così anche al 21° Festival di cinema di Mar del Plata che ha dedicato loro un omaggio.
Bush sembra il vostro peggior incubo.
Sarandon: «Io non lo considero neanche il mio presidente viste le contestazioni sulle elezioni in alcuni Stati. Qualsiasi altro politico sarebbe meglio alla Casa Bianca. Hillary Clinton? No, lei si è espressa a favore dell'intervento in Irak...».
Robbins: «La rielezione di Bush è stata una buona notizia per chi fa satira e per i gruppi musicali punk-rock. Dovremmo ringraziarlo per il suo contributo alla cultura».
Qual è il vostro segreto di coppia così stabile a Hollywood?
Sarandon: «Innanzitutto non parlarne. Siamo fortunati perché crediamo entrambi nelle stesse cose».
Robbins: «Susan mi fa ridere, è la mia migliore amica. Non riesco a immaginare un'altra persona a cui rivolgermi quando ho un problema. Ma il vero motivo della nostra stabilità è che non viviamo a Los Angeles ma a New York».
E questo aiuta?
Robbins: «È la città più democratica degli Stati Uniti».
Sarandon: «Non avrei potuto crescere i miei figli in un posto dispersivo come Los Angeles. New York è come un paese, tutti mi conoscono e mi sento più sicura».
Il lavoro vi unisce o vi divide?
Sarandon: «A volte è complicato fare la madre, l'attrice e la moglie. Così, quando Tim girava il suo primo film, Bob Roberts, è successo che l'ho dovuto mandare in albergo altrimenti non concludevo niente».
È vero che l'Oscar per Dead Man Walking giace nel suo bagno?
Sarandon: «Non volevamo metterli in camera da letto e sono finiti lì».
Robbins: «Sì c'è anche il mio (vinto per Mystic River, ndr). I ragazzi lo chiamano il bagno della fama».
Lei è l'unica della sua generazione ad ottenere ancora ruoli sexy.
Sarandon: «Qualcuno dovrà pur farlo. Da giovane scoprivo attrici come Anna Magnani e mi chiedevo come facesse, pur non essendo particolarmente bella, a essere così sensuale. Ho visto in lei un dire sì alla vita e un'anima che si spogliava».
Un ricordo di un regista con cui avete lavorato.
Sarandon: «Billy Wilder in Prima pagina sapeva esattamente ciò che voleva. Armato di cronometro, il primo giorno ha mandato a casa un attore perché sforava i tempi».
Robbins: «Non posso scordare Robert Altman che mi diceva: "Se i produttori ti mettono di malumore, dimmelo che smettiamo di lavorare". Non so se lo fa con tutti gli attori, ma così ti fa sentire parte del progetto».
Un ruolo, un film che vi piacerebbe realizzare.
Sarandon: «Adoro le storie d'amore e i rapporti a due. Come quello che ho appena finito di girare con Ralph Fiennes in Doris and Bernard di Bob Balaban su una milionaria che lascia l'eredità al suo maggiordomo gay. Mentre trovo bellissimo il messaggio di Dead Man Walking in cui si dice di perdonare le persone responsabili di cose terribili proprio come ha fatto Gesù».
Robbins: «Due settimane fa c'è stata la prima a Los Angeles del mio spettacolo teatrale tratto da 1984 di Orwell. Ora sto scrivendo la sceneggiatura per portarlo al cinema. Non sarò tra i protagonisti, ma credo che mi si vedrà in un cameo».


È una storia ancora attuale?
Robbins: «Forse più di prima. Si parla del potere e dell'uso del terrore per governare. Orwell descriveva un mondo totalitario in cui le persone sono controllate, censurate e vivono nella paura. Come oggi».

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