I palchi di don Chisciotte eterno mito dell’antieroe

Da secoli cavalca alla ricerca di avversari immaginari, assetato di una gloria fuori del suo tempo. Ma seppur non la trovi disponibile sulla punta della sua lancia, Don Chisciotte l'ha guadagnata nel mito.
L'hidalgo spagnolo è da sempre uno dei personaggi entrati nell'immaginario collettivo, e forse oggi si rende simbolo ancora più efficace dell'illusione, in un'epoca che ti può perdonare tutto fuorché quella di essere un individuo disadattato nel contemporaneo. Ecco perché Milano si apre, in questi giorni, a due spettacoli dedicati al romantico cavaliere della Mancia, il «Don Chisciotte» di Franco Branciaroli, - al ritorno al Teatro Studio come protagonista e regista fino al 24 gennaio (19.30 e 20.30, ingresso 32 -25,50 euro, info 848.800.304) - e il «Don Chisciotte» nella versione ballettistica del Croatian National Ballet, in cartellone il 25 e 26 luglio al Teatro Smeraldo, (ore 20.45, ingresso 33-16,50, info 02.29.00.67.67). Questa seconda versione, divenuta un classico del balletto coreografata per la prima volta nel 1869 dal francese Petipa, racconta sulle note del compositore polacco Ludwig Minkus, la vicenda amorosa della giovane coppia Kitri-Basilio: lei figlia di un'oste deciso a maritarla con un ricco imbecille, lui un aitante squattrinato. Il vecchio Don Chisciotte aiuterà i due giovani a realizzare i propri sogni.
Entrare nell'anima di Don Chisciotte è senza dubbio una delle grandi tentazioni di un attore. L'hidalgo spagnolo con la mente affollata di sogni del passato è una di quelle figure romantiche e disperate che costituiscono una sfida a dir poco stimolante per chiunque calchi il palcoscenico. Ma per Franco Branciaroli il testo di Miguel de Cervantes Saavedra si trasforma in un'occasione più originale. Oltre che una «missione» inseguita per molto tempo, e finalmente realizzata.
Nel riadattamento della celebre opera cardine della letteratura spagnola l'artista milanese dispiega un particolare meccanismo, dove il testo di Cervantes si trasforma in «un enorme trattato sull'imitazione». É questo il lato che Branciaroli infatti vuol fare emergere di più dal capolavoro, e cioè la sua capacità di andare oltre il testo e raccontarsi come opera mito degli stessi attori.
Un intreccio tra passato e modernità - il «Don Chisciotte» - che non può lasciare indifferenti: «Racconta di un hidalgo che cerca di imitare le gesta dei cavalieri dei grandi poemi cavallereschi, ma allo stesso tempo questo racconto è il libro più all'avanguardia che ci sia, quello che ha aperto le porte dell'era moderna». Franco Branciaroli, dunque, dà voce non solo ai due anti-eroi della vicenda, la tragicomica coppia composta da Don Chisciotte e dal fedele servitore Sancho Panza, ma anche a due indimenticati «cavalieri» del palcoscenico come Vittorio Gassman e Carmelo Bene.
Imitando le loro voci, Branciaroli immagina i due «giganti» nell'aldilà, «dove finalmente realizzano il sogno di mettere in scena il Don Chisciotte». Così, le pagine più significative del capolavoro di Cervantes emergono e scompaiono in un fluire carsico attraverso le cadenze imitate dei due grandi mattatori ormai scomparsi. Non un semplice gioco imitativo, bensì il punto di partenza per celebrare la capacità narrativa e comunicativa unica del teatro.
Un omaggio al teatro e a chi gli ha dato forma sul palcoscenico, in un gioco a incastro tra testo e rievocazione che ha dimostrato di saper commuovere il pubblico. Come Don Chisciotte vagabondava alla ricerca di epiche sfide contro grandi avversari, così Branciaroli immagina Gassman e Bene - inseriti in un ambiente particolare: un bancone di un bar affollato di bottiglie di superalcolici e cosparso di sigarette (un accenno alle loro debolezze, e dunque alla loro umanità) - sfidarsi armati della battute del grande romanzo picaresco del siglo de oro spagnolo.

«Gassman e Bene erano due avversari irriducibili - spiega Franco Branciaroli - ma al fondo erano anche due artisti che si stimavano e forse, come Don Chisciotte e Sancho Panza, rappresentano un solo modo di pensare il mondo visto da due lati opposti».

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