I parenti: «Felici per Pietro? Meglio lasciar perdere»

Nadia Maso è tornata a vivere nella cittadina dov’era nata, dodici chilometri, una ventina di minuti di macchina, dall’orrore a cui sfuggì per miracolo 17 anni fa. Abitava a Montecchia di Crosara quando suo fratello, il piccolo, con tre complici massacrò in una notte d’aprile i genitori. Per sua fortuna lei era fuori, la sorella Laura già abitava col marito. Entrambe sono superstiti di una furia omicida pianificata, fredda, già provata e che avrebbe dovuto cancellare l’intera famiglia. Si è sposata Nadia dopo essere scappata da quegli ingombranti sguardi di paese. Dove le curiosità morbose adulterano la solidarietà, i pettegolezzi inquinano compassioni non sempre sincere. Oggi il suo numero è sull’elenco, per quanto pesi chiamarsi Maso lei non ha voluto nascondere il cognome dietro a quello del marito. Al telefono risponde la voce di una bimba, mentre il telegiornale del pomeriggio apre con la notizia che lei di certo già conosce. «Mamma non c’è... No, ha lasciato il cellulare a casa. Tu chi sei? Tornerà verso le sei e mezza». Due ore più tardi eccola rispondere. Gentile, nonostante l’evidente fastidio. «È lei che ha chiamato prima? No, guardi non rilascio interviste». Poi il clic della cornetta che si chiude. Ritentiamo. Stavolta la voce di un uomo. Cortese, ma ferma. «Chi cerca? «Mia moglie non ha niente da dire, io nemmeno. Siamo stati zitti per quindici anni, questa è la nostra linea. Non cambierà adesso» Insistiamo. «Da ieri suo cognato è una persona quasi libera. Cosa significa per voi: gioia, dolore, forse entrambe le cose?» «Meglio lasciar perdere», la risposta. Sibillina.

Si mescolano castigo e perdono in sentimenti spesso sovrapposti. Pietro dal carcere aveva già chiesto scusa alle sorelle. «Solo l'autentico dolore, il pentimento per ciò che ha fatto potrà portarlo fuori dalla disperazione», risposero loro.

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