Cronaca locale

I "parlamentini"? Ci costano più di dieci milioni all’anno

Le nove circoscrizioni gestiscono un bilancio di 200mila euro ma le spese vive per mantenere una struttura sono 5 volte tanto

Ci sono le spese per la luce, il telefono, il riscaldamento, gli stipendi del personale delle pulizie, degli impiegati di ogni settore e dei consiglieri. Quaranta per l’esattezza che si portano a casa ogni anno circa 6mila euro a testa, più un presidente per consiglio di zona. E allora facciamo un po’ di conti. A Milano sono nove le circoscrizioni cittadine per altrettante zone della città. A ognuno di questi parlamentini Palazzo Marino mette a disposizione un bilancio di un milione e mezzo di euro all’anno. Di fatto, i soldi che la circoscrizione può effettivamente amministrare sono 200mila euro. «Il problema è che per gestire quel budget, questi consigli di zona costano cinque volte tanto, se non di più» spiega il consigliere di zona 3 Luca Prini. Ovvero un milione e rotti di spesa, soltanto per coprire i costi vivi e cioè per tenere in piedi la struttura. Che moltiplicato per nove, fa oltre dieci milioni di euro che Palazzo Marino sborsa ogni anno per le sue circoscrizioni cittadine. Torniamo ancora al bilancio dei consigli. La parte più consistente dei fondi del Comune vengono destinati alle scuole di zona, ai sussidi integrativi per gli anziani, altri per la presidenza e la comunicazione. Il tutto senza che il consiglio abbia alcuna voce in capitolo. «I soldi vendono erogati direttamente dagli uffici del settore e la nostra componente politica veda nulla». Tolte le altre uscite, ciò che rimane, serve per finanziare le attività del consigli (corsi di pittura, manifestazioni culturali, conferenze), oltre a venir ripartito fra le varie commissioni. «Alla commissione sicurezza va il 2,5% di 200mila euro che vuol dire 5mila euro. Ma cosa si riesce a fare con quei soldi? Praticamente nulla. È una cifra ridicola», continua Prini. Ma quali sono le funzioni di questi parlamentini? In teoria sono nati per fare da intermediario fra i cittadini e l’amministrazione, raccogliendo le segnalazioni che vengono dal territorio per poi rimandarle alla sede centrale, ovvero al Comune. E però, per quanto virtuosi, attivi, zelanti e rilevatori perfetti di malcontenti o mancanze, di fatto hanno ben poco potere per farle rispettare una volta recapitate alla Grande Madre. «Su concessioni edilizie, per la costruzione dei box, parcheggi e quant’altro, il nostro parere è sempre e solo consultivo e mai vincolante - continua Prini -. Il Comune ha l’obbligo di acquisire il nostro verdetto, ma non di rispettarlo». Come a dire: si possono pure fare le commissioni con ordine del giorno che parlano di sicurezza, viabilità o verde. Peccato che poi tutto finisca nel nulla, o quasi. Intanto però, ci sono i consiglieri che hanno preso il loro gettone di presenza (46,50 euro a commissione per un’ora - anzi - 31 minuti di presenza), il presidente di zona che percepisce lo stipendio mensile, gli impiegati che devono aprire e chiudere l’aula delle sedute, la luce, la carta e tutto il resto. Sull’utilità dei parlamentini nelle città, ha iniziato a dubitare persino il governo che nella Finanziaria 2010 aveva deciso di eliminare tutti quelli nei comuni sotto i 180mila abitanti e di ridurre il numero dei consigliere nelle città più popolose. Poi una levata di scudi ha fatto fare marcia indietro a Roma e si è stabilito di lasciare ancora un anno di vita alle circoscrizioni e di posticipare la data della fine al termine del 2010. Lo spauracchio di vedersi sfilare sotto gli occhi un posto da consiglieri, ha fatto tremare i commissari. Tanto che in via Sansovino, nel consiglio di zona 3, è stato appeso in bacheca un avviso di convocazione «urgente» di seduta per domani pomeriggio per discutere una mozione contro «la soppressione dei consigli di circoscrizione prevista nella Finanziaria 2010. «Così come sono, ha ragione la Finanziaria a volerli chiudere - continua Luca Prini -. Le cose stanno in questi termini: o si trasferiscono risorse e funzioni e si dà ai consigli di zona un proprio bilancio da amministrare che non sono soltanto 200mila euro. Oppure per tenerli come sono, tanto vale eliminarli. Mi sembra chiaro che del decentramento, al Comune non importi nulla.

Il punto è che per farli funzionare, si dovrebbe rivoluzionare tutto l’impianto organizzativo centrale».

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