Roma - Opposti estremismi e convergenze parallele. Potrebbe sintetizzarsi così la realtà «politica» ultras, che sulla carta vede nemiche le curve rosse e quelle nere, ma che poi la guerriglia da strada unisce, ingloba, gemella. Nonostante le sbandierate certezze dei vertici istituzionali, riesce difficile catalogare i tifosi «fasci» di qua e i «compagni» di là. Ai tafferugli di domenica sera a Roma hanno partecipato estremisti di destra e incalliti no global. Insieme hanno provato ad accogliere col machete i tifosi apolitici del Napoli, diretti al nord. Indifferentemente attaccano la polizia. Come sottolinea l’ennesima analisi dell’Antiterrorismo, non c’è un’unica colorazione ideologica a far da collante e propulsore alle violenze da stadio. Prova ne è, nella Capitale, la tolleranza quotidiana fra i Boys della Roma, etichettati a destra, e il centro sociale di via dei Volsci, storica culla dell’Autonomia operaia. Convivono nel medesimo quartiere da anni, insistono praticamente lungo la stessa strada, e non si sono mai scannati. Se proprio si deve andare a cercare il dettaglio occorre allora soffermarsi su alcuni mutamenti radicali nell’arcipelago dell’estrema destra che non solo nella curva romana - si legge nel rapporto - ha sempre cercato d’infiltrarsi, con alterni e discutibili risultati. Se prima le indicazioni investigative puntavano sulla formazione Forza Nuova, adesso è esclusivamente la Fiamma Tricolore ad avere gli occhi addosso per il proselitismo da stadio. Questo per vari motivi. Perché nel settore in basso a destra della Curva Sud, sopra lo striscione Padroni di casa (sigla che ha convogliato - secondo l’Antiterrorismo - i duri di Tradizione e distinzione e di Basta infami solo lame) come all’interno del gruppo denominato giustappunto «in basso a destra» nell’opposta Curva Nord, il partito di Luca Romagnoli conterebbe parecchi iscritti. Svariati dei quali ben conosciuti alle sezioni tifoserie di Digos e Ros. I Padroni di casa - continua il dossier - nella Capitale hanno la sede nel circolo futurista di Casalbertone che ospita la sezione di F.T. assaltata l’11 luglio scorso da 150 teppisti» rimasti sconosciuti. E intorno alla Fiamma ruotano personaggi definiti «d’interesse» dagli investigatori. Come Maurizio Boccacci, coinvolto con tifosi laziali e romanisti nel 1994 negli scontri contro i tifosi del Brescia, già leader delle sigle d’estrema destra Movimento Politico e Base Autonoma, oggi nella segreteria nazionale della Fiamma. «Siamo alle solite - ribatte Boccacci al Giornale - questa dell’estrema destra che va allo stadio per cercare consensi è una stupidaggine, ma evidentemente fa comodo dirlo. Io stesso non vado più in curva da due anni eppoi sono stato sempre critico verso chi sventola a sproposito la croce celtica o fa il saluto romano». La pensa allo stesso modo Giuliano Castellino, «federale» romano della Fiamma Tricolore, segnalato a più riprese dalla Digos, tra i più fermi nel condannare l’inchiesta che ha portato in cella 4 capi ultrà della Lazio. «Il fatto che alcuni nostri simpatizzanti vadano allo stadio la domenica - precisa l’ex ultrà giallorosso al Giornale - non significa necessariamente che la Fiamma vada a caccia di voti. Mai è comparsa una bandiera, mai è stato fatto volantinaggio.
Rispetto a quanto si va incautamente sostenendo sul gruppo denominato Padroni di casa a noi vicino, questo non ha assorbito altri gruppi come il Bisl (basta infami solo lame). Politica e calcio sono due cose nettamente separate». Il dossier sostiene l’esatto contrario. Spiega che da Roma l’asse si dipana con fatica fino a Milano attraverso personaggi che ruotano nelle curve dell’Inter (Viking, Irriducibili, Skin) e del Milan (Guerrieri e altri) vicini al circolo culturale Cuore Nero alla cui inaugurazione nel capoluogo lombardo (i locali sono stati incendiati) avrebbe dovuto partecipare Gabriele Adinolfi, tra i fondatori di Terza posizione, considerato oggi molto vicino alla Fiamma.
Capitolo a parte quello dei collegamenti con gli hammerskin del triVeneto e con alcuni esponenti dei «Bulldog» di Lucca arrestati a settembre dalla Digos. Tanti piccoli segnali, nessun serio comun denominatore politico. Da nord a sud ogni curva ha la sua identità che dimostra un’unità d’intenti solo in apertura di caccia. Al poliziotto.
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