Ci sono due scuole di pensiero: o l'economia la si studia davanti allo schermo di un potente computer - concertando sofisticati macroscenari e magari tumultuose carriere nella finanza globale - oppure si scende giù in strada e ci si interroga sui piccoli misteri quotidiani del commercio e del denaro.
Franco Becchis - professore di Economia dell'Ambiente al politecnico di Torino e all'Università degli Studi del Piemonte Orientale - appartiene decisamente a questa seconda scuola di pensiero. Il suo motto è la frase del premio Nobel Gary Becker: «Leconomia è una scienza che si fa amare, ma deve essere raccontata con parole semplici».
E di semplicità - e allegria - è costituito il suo recente libro Economia in pillole (Sperling & Kupfer, pagg. 202, euro 19), vero e proprio viaggio di un «economista di strada» nei fattori che condizionano le nostre microscelte economiche di tutti i giorni, favorendole, ostacolandole o persino inchiodandole allimmobilità o allindecisione.
Dal comprare un litro di latte al supermercato, al cercare l'albergo per le vacanze, siamo tutti soggetti economici che possono avere successo o fallire, a seconda di quanto siamo capaci o meno di procurarci informazioni e di dare e ricevere fiducia (informazione e fiducia sono i due nervi - talora un po scossi - del libero scambio).
«A volte la colpa è nostra, ci dice Becchis, altre volte possiamo prendercela con il mercato. Ma alla base di tutto cè l'informazione, una di quelle cose che per procurartele devi perdere tanto tempo o tanto denaro».
Già, le informazioni non si ottengono mai gratis. Anzi, sono «un bene così prezioso, dice Becchis, che le persone le mostrano malvolentieri, soprattutto durante le transazioni commerciali». Poniamo di dover ristrutturare casa: ci sarà da cercare l'impresa più vantaggiosa, contrattare, vedere i progetti, stilare un contratto, verificare tempi e risultati. Eventualmente contestarli. Giocando contro - ma anche con - il muratore, l'idraulico, l'elettricista. Su cui avremo dapprima preso informazioni e di cui dovremmo infine fidarci, come loro si fideranno di noi, dei nostri assegni o di un pagamento a trenta giorni. È uno dei paradossi del mercato: un luogo dove ognuno gioca per sé ma anche, inconsapevolmente, per tutti gli altri.
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