Cronaca locale

I poeti maledetti cantati da Monti

Pietro Vernizzi

Giangilberto Monti, cantautore milanese, interpreta in italiano i brani più belli dei «poeti maledetti» della canzone francese, Boris Vian, Leo Ferré e Serge Gainsbourg, ripercorrendo il clima parigino degli anni ’50. L’esibizione, una sorta di «concerto teatrale» tra ironia e poesia, si terrà al Teatro Verdi con la regia di Annig Raimondi e l’accompagnamento di Diego Baiardi al pianoforte e Johannes Bickler alla batteria. Tra i tre «maudits», il preferito di Monti è di sicuro Vian, personalità eclettica che nella sua vita ha fatto di tutto: si è laureato in Ingegneria, ha scritto un romanzo noir dal titolo «Sputerò sulle vostre tombe», ha infranto luoghi comuni (sua la frase «Non m’interessa la felicità di tutti, ma la felicità di ciascuno») e, soprattutto, ha composto più di 400 canzoni. Sul primo dei due cd che Monti ha dedicato a Vian c’è scritto: «Come canta Giangilberto, ci senti dentro gli echi di quello che è stato Boris, di quello che ha amato. Ci senti il gusto teatrale, la rabbia, lo humor perfido, la voglia disperata di innamorarsi. Una dopo l’altra, magari riascoltandole, capisci che non sono soltanto canzonette. Che non sono solo “belle canzoni”. Sono qualcosa di più».
Quello che distingue invece Leo Ferré è l’ispirazione politica: tra gli chansonnier maledetti, egli è certamente l’anarchico. Amico del gruppo libertario «Louise Michel» e degli esiliati spagnoli, scrisse inni come «Franco la Muerte» («Franco la Morte»), che gli valsero il divieto di varcare i Pirenei. Ma mise anche in musica i decadenti francesi dell’Ottocento e lasciò un patrimonio artistico amplissimo tra canzoni, sinfonie, opere, poesie, saggi e romanzi. Molto diversi, ma altrettanto d’impatto, i brani di Serge Gainsbourg, famoso soprattutto per la ballata erotica «Je t’aime, moi non plus» e considerato il padre putativo dei primi punk. Espressione di una provocatoria pop-art musicale, le canzoni di Gainsbourg sono anche una condanna delle mode effimere radiofoniche e del vuoto prodotto dall’industria discografica.
Dopo diverse esperienze, come l’opera rock «Guardie e ladri» e lo spettacolo sulla tradizione lombarda «Voci del me Milàn», Monti si è imbattuto negli chansonnier francesi a metà degli anni ’90 e da allora non se ne è più staccato.

A Vian, in particolare, ha dedicato un libro, un recital, due cd e lo sceneggiato radiofonico «La Belle Epoque della Banda Bonnot», storia del bandito anarchico Jules Bonnot, grazie a cui ha vinto il Prix Suisse 2004.

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