I pomodori di Cervo, Pietro Citati e la perdita dell’infanzia

I pomodori di Cervo, Pietro Citati e la perdita dell’infanzia

(...) di leggere libri su vari autori scritti da Citati. A volte si trattava di autori di cui non avevo mai letto una riga. Ma, dopo Citati, come in un’altra era letteraria, perlomeno personale, mi pareva di conoscerli da sempre, di dar loro del tu.
A questo punto, sorge spontanea una domanda: ma tutto questo, che c’entra moltissimo con la Mondadori, cosa c’entra con la Liguria? Pietro Citati ha passato la sua giovinezza a Cervo Ligure e tocca probabilmente le vette più alte della sua scrittura quando racconta di Cervo. Uno per tutti, ricordo il suo racconto del sapore dei pomodori.
Dopo questa dichiarazione d’amore per la sua scrittura, dico tranquillamente che non ho per nulla apprezzato il racconto con cui, qualche mese fa, ha messo in piazza pettegolezzi sul malore di Umberto Bossi, a suo parere legati a una notte di sesso con troppo Viagra. Non so se sia vero e francamente non me ne importa davvero nulla, sarebbero questioni che riguardano solo Bossi. Ma, certamente, vero, verosimile o falso, si tratta di uno scivolone stilistico, anche piuttosto squallido. Soprattutto per un autore come Citati che, ribadisco, riesce ad avvicinare la prosa alla poesia.
Ma, al netto del brutto articolo su Bossi e della sua incapacità di provare a capire il fenomeno Lega, Citati è uno che ha qualcosa da dire e da dare. E mi piace condividere con voi alcuni brani di un articolo pubblicato nei giorni scorsi su Repubblica, bellissimo fin dal titolo: «Cari adulti, imparate a restare bambini».
Si parte da uno studio inglese sull’incapacità di saper giocare con i nostri figli (e con i nostri nipoti), ma credo che ci sia dentro tutto, che ci sia dentro la vita. E, così come ho fatto con le bellissime parole del papà di Alice, mi piace condividere con voi qualche passaggio: «Appena l’infanzia muore e si esaurisce in noi, si spegne l’immaginazione, il cuore, l’intelligenza, l’intuizione psicologica, l’estro, il gioco, l’eccentricità, la solitudine, la tenerezza, il divertimento. Diventiamo spettri lenti e tediosi. Non abbiamo più nè amori, nè amicizie. Non riusciamo a respirare. Un cielo tenebroso si posa, plumbeo e soffocante, sopra il capo, e getta lampi di tenebre su tutte le occasioni della nostra esistenza. Non si vede per quale ragione dobbiamo continuare a vivere, se abbiamo completamente smarrito il senso e la luce della vita».
L’immagine dell’incapacità di respirare è qualcosa di più di una figura letteraria, è qualcosa che, davvero, toglie il fiato: «Soltanto se restiamo in qualche misura infantili, - prosegue Citati - continuiamo a capire l’infanzia: ciò che è uno dei massimi doni dell’esistenza. Perchè lì, in quelle risa e in quei pianti e in quei rossori e in quelle parole e affermazioni impossibili, si nasconde qualcosa che non appartiene al «qui»: soffia un altro tempo, un altro spazio, un’altra musica. Se non riusciamo a cogliere questo soffio siamo creature diminuite».
L’articolo di Citati è di una bellezza struggente e non può lasciare insensibile chi, fra noi, ha figli o nipoti. Così come il racconto dell’importanza della lettura e del riassunto anche di libri difficili o dai plurimi piani di lettura, di cui magari il bimbo oggi capirà solo quello più superficiale, più immediato, più chiaro e trasparente: «Se lascerà depositare nella sua mente queste storie, se crescendo continuerà a consultarle e ad ascoltarle in se stesso come ora le ascolta dalla bocca degli altri, finirà per comprendere per quale ragione egli è insieme Achille ed Ulisse, Cenerentola e Robinson, la Bestia moribonda e il mai nato burattino di legno».

Su, su, fino ad arrivare al «gioco dei giochi», le biglie sulla spiaggia.
Non so se la Mondadori perderà qualcosa letterariamente per l’addio del genovese don Gallo. Certamente, guadagnerà dalla permanenza del cervese Citati.

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