I poveri bevevano quello ambulante

Nella seconda metà del ’700, a Milano aprirono i battenti numerosi caffè, ove l'aristocrazia faceva salotto intorno alla «brasera», recipiente di rame sul pavimento contenente le braci, unico mezzo di riscaldamento nei locali.
I primi caffè vennero aperti intorno al Duomo, in contrada Cappellari e sotto il Coperto dei Figini, davanti alla Scala, come il Caffè del teatro, o Cova che, poi, si sposterà in via Montenapoleone. Da ricordare anche il Caffè commercio in piazza del Duomo all'angolo del Rebecchino, nell'odierna Porta Venezia, il Caffè Belvedere o il Caffè dei Servi, nell'omonima Corsia dei Servi, ribattezzata Corso Vittorio Emanuele, il Caffè bella Venezia in San Babila del 1817, unico ad avere una sala biliardo. Citiamo il Caffè del Duomo o Caffè dei muti, così chiamato dai milanesi perché qui era presente una sala lettura e non si doveva disturbare mentre si leggevano i giornali. Da ricordare assolutamente il Caffè Campari, aperto nel 1863 da Gaspare Campari.


Il locale-caffè nato aristocratico diventa proletario verso i primi del 900, viene inventato il «caffè ambulante», trespolo a tre ruote con bricco di caffè che viene venduto in piazza Duomo a garzoni e facchini. Il costo è basso, infatti questo caffè veniva ricavato dai fondi di altri caffè, viene bevuto in piedi, appoggiando la tazzina sul ginocchio per mescolarlo, così da meritarsi l'appellativo di caffè del genoeucc.

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