PAROLA_LETTORI

I presidenti vanno giudicati dai loro risultati

Gentile direttore, quali sono i criteri con cui giudicare un Presidente della Repubblica? E sui quali elaborare graduatorie su chi sia stato il migliore o il peggiore?

Antonio Massioni

Milano

Caro Antonio, penso che la sua domanda sia legata al giudizio non proprio lusinghiero che abbiamo dato del presidente Ciampi. Cominciamo a dire che non c'è fatto politico, nel senso che il settennato di Ciampi è stato, come abbiamo scritto, abbastanza incolore. La sua colpa è quella di aver portato l'Italia dentro l'Euro, da banchiere e da ministro, in modo azzardato e di aver poi difeso da presidente una unione monetaria europea che è la causa principale della non crescita. Questo è un fatto, non una opinione. Ma veniamo alla sua domanda. Le premetto che di mestiere non faccio il giudice, tantomeno di presidenti. Mi faccio sì delle opinioni, in base ai fatti e partendo da alcuni punti fermi. Il primo è che (purtroppo) non siamo in una repubblica presidenziale ma parlamentare, per cui il corso della politica deve essere influenzato solo dalle libere decisioni di deputati e senatori; il secondo è che un presidente, essendo l'arbitro della politica, dovrebbe riuscire a spogliarsi delle sue idee e della sua storia per non inquinare la partita. Non sempre è andata così. Per esempio quando Oscar Luigi Scalfaro convocò Umberto Bossi nel pieno della crisi del primo governo Berlusconi (1994) per dirgli: «Se non abbandoni il Cavaliere finirai anche tu nel burrone», provocando la caduta dell'esecutivo, è stato un pessimo presidente. Così come quando Giorgio Napolitano, nell'estate del 2011, avviò consultazioni segrete con soggetti privati (Monti, Passera, Bazoli, De Benedetti) per costruire una alternativa extraparlamentare all'ultimo governo Berlusconi, sfociata nel governo Monti, si comportò da golpista. Sandro Pertini, viceversa, non fu uno statista ma era la figura che serviva per tenere l'Italia di quegli anni devastata dal terrorismo. Così come Cossiga, uomo che conosceva bene il potere, tentò, purtroppo inutilmente, di opporsi alle trame nazionali e internazionali che stavano preparando la mannaia di Mani Pulite, cioè la fine della Prima Repubblica. Quindi, caro amico, non c'è criterio, se non quello di giudicarli a posteriori in base agli effetti del loro operato.

Il guaio è che, a quel punto, il danno è fatto e spesso e irreparabile.

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