Ci fu un tempo in cui Monaco non era altro che una penisola rocciosa che offriva un porto naturale per i villaggi vicini. Da allora, la storia di Monaco è intimamente legata a quella dei Grimaldi e i Grimaldi intimamente legati alla storia di Genova. Una simbiosi tutta documentata se si pensa che a distanza di secoli Genova conserva ancora tangibili segni del passato della nota casata. Basta infatti visitare l'Abbazia di San Nicolò del Boschetto ai piedi della collina di Coronata per scoprire che lì riposano le spoglie di Alessandro Grimaldi uno dei più stimati dogi della Repubblica e di Luca Grimaldi.
E non solo. All'interno della chiesa nella navata centrale, precisamente vicino al primo pilastro a sinistra, c'è la tomba di Cattaneo Grimaldi (1468) dichiarato discendente di Magnone Grimaldi fondatore e patrono del monastero. Alle pareti lo sguardo incrocia anche le arche commemorative, datate entrambe 1650, del Cardinale Gerolamo Grimaldi e di Ansaldo Grimaldi Questi, «praecipuus ac devotus benefactor» aveva istituito a sue spese nel 1518 la biblioteca sopra il refettorio e il corpo ligneo (oggi visibile al Santuario del Monte a Genova). Un illustre dunque che lasciò considerevoli somme ai suoi eredi affinché venisse completata la chiesa in stile barocco e Genova potesse avere una sua facoltà di lettere, filosofia e teologia in via Balbi.
Molti ancora i segni tangibili che testimoniano lo stretto rapporto della già allora nobile famiglia genovese dei Grimaldi con il Boschetto. A partire dalla sua costruzione conclusa l'11 febbraio 1311. Davanti al cancelliere arcivescovile Pietro Grullo e al canonico di Santa Maria delle Vigne e a «parecchi» testimoni, si presentò in questo giorno un piccolo clan di Grimaldi. Erano i padroni della cappella di San Nicolò, poi chiamato del Boschetto. È noto infatti che nel 1300, Tomaso Grimaldi fece il suo ultimo testamento ordinandone la costruzione a un anno dalla sua morte. Ci furono poi le pratiche perché fosse autorizzato lo spostamento di sede, da San Pier D'Arena al fondo del fratello Magnone Grimaldi «posito in quarterio seu loco Campi».
La storia sarebbe finita nel dimenticatoio, se due cappellani remunerati dai Grimaldi, non avessero creato un centro di popolare spiritualità.
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